Nell'unità precedente abbiamo esaminato alcune prospettive per la traduttologia del pensiero
di Sapir, Whorf, Quine. Un altro importante studioso ha un punto di vista originale sulla relazione
espressione linguistica/coscienza: Noam Chomsky [pronuncia: hómski]
1
Secondo Chomsky, ogni frase, prima di essere formulata, viene concepita come
struttura profonda nella nostra psiche. A livello di psicologia del profondo, secondo Chomsky,
una frase nei diversi linguaggi naturali ha la medesima struttura: le differenze di ogni costruzione
linguistcia nascono soltanto nel momento in cui una frase viene portata a livello superficiale, quando
da fenomeno psichico diviene fenomeno linguistico.
La teoria homskiana postula così l'esistenza di costruzioni concettuali universali
elementari (e quindi comuni a tutti gli uomini). Di conseguenza, la traduzione interlinguistica
(ma anche quella intralinguistica) per Chomsky è sempre possibile, poiché gli schemi logici sottostanti
ai linguaggi naturali sono costanti uniformi: è sufficiente attualizzare in modo diverso una medesima
struttura profonda per esprimerla in un altro linguaggio
2.
Tralasciando qui le alterne fortune di questa teoria in campo strettamente linguistico,
vediamo quali sono le sue conseguenze per la traduttologia.
La concezione homskiana comporta la separazione del livello dell'informazione
dal livello dello stile. Ciò che deriva dalle "strutture profonde" è l'informazione, mentre il
modo in cui l'informazione viene espressa è secondario e rientra nel novero dei segni formali
3.
Ritornando alla distinzione di Hjelmslev, tra piano dell'espressione e piano del
contenuto, la traduzione sempre possibile in termini homskiani è quella del contenuto, mentre il
piano dell'espressione diviene una sorta di accessorio. È una concezione dalla quale resta escluso
qualsiasi tipo di traduzione letteraria e, per estensione, qualsiasi tipo di traduzione di testi
che, pur non letterari, abbiano alcune caratteristiche connotative. Infatti è evidente che, in un
testo connotativo, la dominante è legata principalmente a quella che Chomsky individua come struttura
superficiale, più che a quella profonda. Questo equivale a dire che, in termini homskiani, sono
traducibili soltanto i testi che Eco definisce «chiusi», quelli passibili di una sola interpretazione,
quelli privi di connotazioni, ossia una esigua minoranza dei testi reali.
Whorf, Quine e Chomsky sono tutti, per formazione, linguisti, ma il problema della
traducibilità non può essere affrontato in modo esaustivo limitandosi alle considerazioni di tipo
linguistico: un testo è un fenomeno culturale che, all'interno della cultura, esercita e subisce
varie influenze, e tanto l'originale quanto la sua traduzione sono testi, in questo senso, di pari
importanza. Ogni traduzione, prima ancora di essere linguistica, è una traduzione culturale:
«lingua, testo e funzione del testo sono riflessi diversi di una stessa cultura. Per questo, dal
punto di vista della traduzione totale è più opportuno parlare di traducibilità della cultura.
Quello di traducibilità della cultura è un concetto complementare che comprende una serie di
parametri diversi»
4.
Facendo dunque un passo avanti rispetto all'antico pantano dell'intraducibilità
linguistica dei testi connotativi, si può cercare di considerare il concetto di traducibilità
come possibilità di funzionamento di un testo in quanto elemento culturale all'interno di una
cultura. Da un lato occorre quindi considerare se e in che modo la cultura rappresentata da un
testo è traducibile, dall'altro quali relazioni metatestuali e intertestuali il testo abbia con
la/e cultura/e che lo accoglie nel momento in cui viene tradotto.
Un altro elemento di traducibilità di cui è indispensabile tenere conto è la
necessità che il traduttore talora incontra di rendere più esplicito il senso del testo.
L'autore dell'originale può permettersi in certi casi ambivalenze, polisemie che al traduttore
non sono dati, perché il fatto stesso di leggere l'originale e di cercare di scriverlo nella
lingua e nella cultura che lo accoglie comporta un processo di interpretazione razionale e,
in fase di riscrittura, di esplicitazione di tale razionalizzazione.
Anche qualora il traduttore non comprenda un passo, un'allusione, un rimando
dell'autore del prototesto, tale incomprensione nella traduzione viene quasi sempre palesata
e razionalizzata. Le caratteristiche implicite del prototesto diventano esplicite nel metatesto,
e quelle che non vengono esplicitate fanno parte del residuo traduttivo o per scelta razionale
del traduttore o per incomprensione. L'atto del tradurre finisce per non limitarsi alla
trasmissione dell'originale, ma per metterne anche a nudo la struttura
5.
The demonstrative nature of translation as text representation must not be
regarded as only subsidiary. On the contrary, it is one of the constitutive features of this
subcategory of representatives since it distinguishes translation as a speech act from, for example,
interpretation in the form of critical comment, or essay, and similar meta-literary achievements
5.
Come si vede, secondo Broeck, la traduzione, proprio per questa sua caratteristica razionalizzante,
è una forma di intrepretazione alla stregua del saggio critico, della recensione. Di conseguenza, non
esiste traduzione neutrale. Se, dunque, ogni traduzione è un processo razionale di interpretazione, è
opportuno che tale impostazione critica venga esplicitata anche al lettore.
Questa razionalizzazione insita nel processo traduttivo ha indubbiamente un ruolo e delle conseguenze importanti.
Nella prossima unità vedremo in che modo sia possibile, anziché respingere l'idea della messa a nudo del testo
in traduzione come negazione di un fenomeno tanto scomodo quanto evidente, utilizzare questa caratteristica del
processo traduttivo a vantaggio della traducibilità, mediante una gestione razionale del residuo traduttivo nel
metatesto.
Bibliografia
BROECK R. VAN DEN Literary Conventions and Translated Literature, in Convention and Innovation in Literature
a cura di T. D'haen, R. Grübel, H. Lethen, Philadelphia, Benjamins, 1989, p. 57-75.
CHOMSKY N. Reflections on Language, New York, Pantheon Books, 1976.
CHOMSKY N. Questions of Form and Interpretation, Lisse, Peter de Ridder, 1975.
NIDA E. Semantic Components, in Babel, anno 8, n. 4.
TOROP P. Total´nyj perevod [La traduzione totale]. Tartu, Tartu Ülikooli Kirjastus
[Edizioni dell'Università di Tartu], 1995. ISBN 9985-56-122-8.
1 (Chomsky 1976: 182).
indietro a 1
2 (Chomsky 1975: 37).
indietro a 2
3 Nida 1962.
indietro a 3
4 Torop 1995, p. 66.
indietro a 4
5 Torop 1995, p. 67.
indietro a 5
Copyright © 2000 Logos Group.
|
|