"Tu sai prevedere tutte le situazioni possibili,
- dice Bernadette. E come avrei fatto altrimenti
a cavarmela, vorrei dirle [...]."1
Abbiamo accennato alla forma di ragionamento che Peirce
ha teorizzato come la più preziosa per il progresso e la creatività del pensiero
scientifico. Torneremo più volte sull'abduzione in séguito, ma per il momento è
necessario approfondire un'altra triade peirceiana, fondamentale per comprendere
come avviene il processo di significazione, che sta alla base della lettura, quel
primo atto traduttivo della traduzione interlinguistica.
In Europa siamo abituati a pensare in termini strutturalisti, e a
ragionare sulla significazione parlando di significante e significato, sulla scia
di Saussure. Saussure ha spiegato che esiste una serie di coppie significante/significato
che hanno al loro interno una relazione arbitraria. Per "significante" (signifiant)
Saussure intende il suono emesso da un parlante per indicare qualcosa (per esempio,
la pronuncia di una parola), mentre per "significato" (signifié) intende il concetto
a cui tale significante rimanda. La relazione tra significante e significato è arbitraria,
e questo spiega perché le lingue (codici naturali) sono diverse tra loro. Se tale relazione
fosse invece necessaria, avremmo un unico linguaggio universale, ossia ci troveremmo in
una situazione pre-babelica. Tale relazione viene chiamata "significazione"
(signification).
Questa teoria - alla base della semiologia e dello strutturalismo - spiega
dunque la differenza tra codici naturali, però implica una certa costanza nella
relazione di significazione all'interno dei vari parlanti di uno stesso codice.
Inoltre, la teoria saussuriana è fondata sui codici naturali, su quelle che normalmente
vengono chiamate "lingue". Gli studi compiuti dagli strutturalisti su altri sistemi di
segni extraverbali hanno come punto di riferimento il codice verbale. Anche se la
linguistica è uno dei tanti sistemi di segni presi in considerazione dalla semiologia,
viene considerata il sistema di riferimento per tutti gli altri.
Vediamo invece in che modo viene considerata la semiosi secondo la triade
segno/oggetto/interpretante di Peirce.
Semiosi
(processo di significazione) |
Peirce |
A |
segno |
Qualsiasi cosa
percettibile: parola,
sintomo, segnale,
sogno, lettera, frase.
Il segno sta per
l'oggetto, rimanda
all'oggetto. Senza, è
impossibile
conoscere l'oggetto |
B |
oggetto |
Ciò a cui rimanda il
segno. Può essere
percepibile o
immaginabile.
Determina il segno.
Esiste a prescindere
dal segno. |
C |
interpretante |
Segno, pensiero che
interpreta un segno
precedente. Ogni
nuovo interpretante
getta nuova luce
sull'oggetto. |
Il segno è qualsiasi cosa possa essere conosciuta.
Perché però un segno potenziale funga effettivamente da segno deve
entrare in relazione con un oggetto, essere interpretato e produrre
nella mente del soggetto implicato un interpretante. Questo processo
interpretativo viene chiamato "semiosi". Eccone una rappresentazione
grafica:
Il triangolo della semiosi secondo Peirce
In primo luogo, rispetto al binomio di Saussure,
si nota che la concezione di Peirce dà spazio all'interpretazione
individuale. L'interpretante è un pensiero soggettivo che, per il
soggetto in questione e solo per lui, rimanda per un verso a un oggetto,
e per un altro verso a un segno che viene talvolta impiegato per fare
riferimento a quell'oggetto. Questo implica che l'arbitrarietà della
significazione saussuriana ha in Peirce una dimensione soggettiva non
arbitraria. Per ciascuno di noi, la relazione tra un segno e un oggetto
ha un preciso senso, è legata ad affetti, ricordi, esperienze che hanno
a che vedere con tale semiosi. La semiosi in Peirce acquisisce una dimensione
anche affettiva, che, ancorché soggettiva, per il soggetto non è affatto
arbitraria.
In secondo luogo, il segno per Peirce è qualsiasi cosa, non
necessariamente una parola scritta o pronunciata, come per Saussure. Nella
semiotica di Peirce non è la linguistica che si estende ad abbracciare altri
tipi di codici; è la semiotica che studia tutti i sistemi di segni, tra cui
anche quelli linguistici.
Ciò è molto importante anche perché conferisce dinamicità alla
semiosi. L'interpretante - il pensiero che interpreta un segno - può a sua
volta diventare segno, e generare abduttivamente altri oggetti e altri
interpretanti, il che permette come vedremo una semiosi illimitata.
L'oggetto esiste a prescindere dal segno, però è conoscibile
solo per mezzo del segno. Invece il segno diventa tale soltanto se viene
interpretato come segno. Uno dei più frequenti equivoci nell'acquisizione
del concetto di "interpretante" è quello di considerarlo una "persona che
interpreta". Al fine di evitare tale confusione è opportuno ricordare che la
parola "interpretante" è una sorta di formula abbreviata per "segno interpretante".
Non bisogna quindi confondere l'interpretante (interpretant) con l'interprete
(interpreter).
La semiosi è quindi interpretazione di segni,
un'azione, o influenza, che è, o comporta, una collaborazione di
tre soggetti, come un segno, il suo oggetto e il suo interpretante,
senza che questa influenza tri-relativa sia in alcun modo risolvibile
in azione tra coppie2. |
Per citare direttamente Peirce. Vedremo quanto questa
concezione della semiosi come interpretazione ci sarà utile nella trattazione
della lettura e più in generale nella traduzione.
Riferimenti Bibliografici
CALVINO I. Se una notte d'inverno un viaggiatore, Torino, Einaudi, 1979.
GORLÉE D. L.Semiotics and the Problem of Translation. With Special Reference
to the Semiotics of Charles S. Peirce. Amsterdam, Rodopi, 1994. ISBN 90-5183-642-2.
PEIRCE C. S.Collected Papers of Charles Sanders Peirce, a c. di Charles Hartshorne, Paul Weiss e
Arthur W. Burks, 8 vol., Cambridge (Massachusetts), Harvard University Press, 1931-1966.
1 Calvino 1979, p. 112.
2 Peirce, vol. 5, p. 484.
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