«Tiene tra le braccia una pila di bozze; la posa
delicatamente come se la minima oscillazione potesse
sconvolgere l'ordine dei caratteri tipografici»1.
In questa seconda parte del nostro corso di traduzione,
dedicata alla prima fase del processo traduttivo - la percezione del testo da
parte del traduttore - a partire da questa unità dedichiamo lo spazio che
merita a una delle principali opere contemporanee sulla traduzione: Dopo
Babele di George Steiner, il cui primo capitolo è intitolato proprio «La
comprensione come traduzione». George Steiner non è un semiotico, non è uno
psicologo, non è un linguista, anche se forse è un po' anche tutte queste
cose insieme: principalmente è un critico letterario.
Proprio per questo motivo, il metalinguaggio di George Steiner -
il linguaggio che usa per parlare di traduzione - non è lo stesso dei vari
scienziati e ricercatori di cui abbiamo esaminato, ancorché superficialmente,
il pensiero nelle unità precedenti. Nell'esporre alcune sue osservazioni
interessanti, cercheremo perciò di tradurre ciò che Steiner dice nel linguaggio
a cui il lettore di questo corso è ormai abituato, con il dizionario e i
termini utilizzati finora.
Dopo avere citato alcuni brani di autori inglesi classici, e avere
indicato alcuni percorsi interpretativi delle parole che li compongono, Steiner
si scontra con il problema della stretta corrispondenza tra cultura e linguaggio.
Molte parole trovate in Shakespeare, per esempio, esistono anche nell'inglese
contemporaneo, ma spesso il loro significato nella cultura che le ha prodotte
è molto diverso.
In che modo le diverse culture ed epoche storiche usano il linguaggio,
in che modo convenzionalizzano o mettono in atto le molteplici relazioni
possibili tra parola e oggetto, tra significato dichiarato e performance
letterale?2
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Come si vede, parlando di relazioni tra «parola e oggetto»,
Steiner cita implicitamente Quine e, più in generale, fa riferimento all'ipotesi
di Sapir e Whorf secondo cui, per la prima volta, si postula il rovesciamento
della relazione tra linguaggio e cultura: il linguaggio non è mero strumento
espressivo di un contenuto che la cultura ha elaborato in modo autonomo, ma
diverse strutture linguistiche danno luogo a diverse strutture intellettuali,
e viceversa, al punto che non è possibile pensare di interpretare un testo
senza tenere conto delle sue coordinate culturali. Diventa sempre più difficile
distinguere nettamente la forma dal contenuto, e la semantica - disciplina che
studia il significato delle parole e degli enunciati - si trova in difficoltà
sempre maggiori. Come nella psicoanalisi, nella quale ci si pone la domanda
«Analisi terminabile o interminabile?», anche nella ricerca del significato
del testo ci si trova di fronte a serie interminabili di interpretazioni. E
più un testo è interessante nonostante l'età, più è facile constatare tale
interminabilità dell'interpretazione, che è poi proprio ciò che lo rende
interessante a distanza di tempo.
Le indagini sulla struttura semantica sollevano molto presto il
problema delle serie infinite. Wittgenstein si è chiesto dove, quando
e in base a quale criterio stabilito razionalmente il processo di
associazione libera ma potenzialmente collegata e significativa in
psicoanalisi potesse dirsi giunto alla fine. Anche un esercizio di
"lettura totale" è potenzialmente infinito3.
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La conseguenza che Steiner ne trae è che qualsiasi lettura attenta
di un testo è un atto di interpretazione plurima che, nella maggior parte dei
casi, avviene senza una consapevolezza conscia. Così come esistono i "falsi
amici", che in un testo in una lingua diversa dalla lingua madre del lettore
attirano la sua tendenza interpretativa verso significati affini a parole di
suono simile nella lingua madre del lettore - inducendolo a leggere morbid
pensando soprapensiero a «morbido», e solo in un secondo tempo ravvedendosi e
ricordandosi che probabilmente si tratta di qualcosa di simile a «morboso» - ,
esistono falsi amici anche all'interno della stessa lingua. Steiner fa alcuni
esempi significativi: interest e simplicity, che in Shakespeare
hanno un significato molto diverso da quello che un lettore contemporaneo a
noi attribuirebbe facilmente.
Steiner sostiene che, come abbiamo già detto, la lingua cambia col
tempo, non soltanto quello storico, ma anche quello soggettivo. Non solo, ma
le riflessioni metalinguistiche che facciamo sul linguaggio sono destinate a
modificare il linguaggio stesso di cui stiamo parlando, perciò il nostro
argomento è molto duttile e difficile da cogliere in un momento di stasi.
La somma degli eventi linguistici è non soltanto accresciuta ma qualificata
da ogni evento nuovo. Se avvengono in sequenza temporale, due affermazioni
non sono perfettamente identiche. Per quanto omologhe, interagiscono. Quando
pensiamo al linguaggio, intanto l'oggetto della nostra riflessione si altera
(perciò i linguaggi settoriali i metalinguaggi possono avere un'influenza
considerevole sulla vulgata). In breve: fintantoché li viviamo e li "comprendiamo"
in progressione lineare, tempo e linguaggio sono intimamente correlati: si
muovono e la freccia non è mai nello stesso posto4.
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Essendo tanto dinamico, lo status di una parola si porta
dietro, in parte, la propria storia. In sostanza, è il concetto di intertestualità
quello che Steiner non nomina mai ma continua a descrivere. Ogni parola o
locuzione porta con sé anche la storia della parola o della locuzione, ragione
per cui una lettura completa5
evoca non soltanto significati immediatamente accessibili, ma anche allusioni
più vaghe. Ne abbiamo avuto un esempio in Steiner stesso nella prima parte di
questa unità quando abbiamo citato la frase su parola e oggetto e il richiamo
della teoria di Quine.
Una delle obiezioni che vengono rivolte spesso a questo tipo di
teorie sulla qualità effimera, instabile del significato è che tale principio
varrebbe soltanto per i testi letterari, ma non avrebbe nessuna applicazione
nei testi che costituiscono la grande massa della letteratura circolante.
Questo esempio tratto dal saggio di Steiner indica che anche un "arido" testo
informativo può contenere rimandi intertestuali impliciti, nel qual caso il
lettore - e a maggior ragione il lettore-traduttore - deve sapere a cosa va
incontro.
Per riuscire a realizzare questa lettura completa occorrono vari
strumenti, sui quali Steiner si sofferma con attenzione. Affronteremo questa
parte nella prossima unità.
Riferimenti Bibliografici
CALVINO I. Se una notte d'inverno un viaggiatore, Torino,
Einaudi, 1979.
STEINER G. After Babel. Aspects of Language and Translation. Seconda
edizione, Oxford, Oxford University Press, 1992. ISBN 0-19-282874-6.
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