«Ascoltare poi uno
che sta traducendo da un'altra lingua implica
un fluttuare d'esitazione intorno alle parole,
un margine d'indeterminatezza e di
provvisorietà [...] »1.
Ora che abbiamo visto che cosa dicono alcuni studiosi sulla lettura e la
percezione del testo in generale, esaminiamo più nello specifico della problematica traduttiva
in che modo l'individuazione del senso del testo si ripercuote sulla sua trasposizione e ricodifica.
Aleksandr Davìdovich Shvejcer ha analizzato questo problema cominciando a distinguere
il significato (znachenie) dal senso (smysl). I significati in quanto tali si riferirebbero alla
struttura della lingua concreta in questione. I significati, insomma, deriverebbero da segni puramente
linguistici e sarebbero da ricercare unicamente nel contesto del codice di cui fanno parte. Dato che
la visione del mondo di una cultura è espressa da un linguaggio naturale anche sotto forma di quantità
di parole esistenti in quella lingua e di spartizione dei sememi espressi tra le parole che li possono
esprimere, non ha senso cercare il significato di una parola nella parola di un'altra lingua e di
un'altra cultura. Ogni parola avrebbe un significato relativamente preciso soltanto all'interno del
codice linguistico della propria lingua.
Prendendo per buona questa ipotesi, risulterebbe molto azzardato progettare o approntare
un dizionario bilingue (come descrivere il significato, ancorché linguistico, "preciso" di una parola
con parole di un altro codice linguistico?), mentre sembrerebbe un po' meno rischioso produrre dizionari
monolingui, in cui, all'interno del medesimo codice, si cerca di descrivere il significato di una parola con altre parole.
Da questo punto di vista, interpretare un testo significa identificare le designazioni
concrete (oboznachenija) mediante i significati dati nella lingua corrispondente, mentre
tradurre significa trovare, per designazioni concrete già identificate nel prototesto,
significati tali nella lingua del metatesto che possano esprimere proprio questi
significati2.
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Shvejcer sostiene implicitamente che, per quanto arduo possa essere individuare
significati di parole con altre parole di altri codici, è quasi sempre possibile capire che cosa
una parola indica nello specifico del contesto. Forse è una visione un po' ottimistica, ma per
il momento continuiamo a seguire il suo ragionamento.
Come sappiamo, modificando il contesto culturale, si modifica anche la rete semiotica di
riferimento, e quindi cambia - o quantomeno può cambiare - il senso di ciò che viene detto. Possiamo perciò
definire in questo modo la distinzione tra senso e designazione: il senso è il valore che assume una certa
designazione all'interno di una cultura specifica. Più le due culture - del prototesto e del metatesto -
sono distanti, più sono lontani i cronòtopi che le costituiscono, più si danno casi di discrepanza tra
designazione e senso o, detto in altro modo, tra designazione del significato linguistico e significato
culturale (senso). La designazione è una categoria del linguaggio, mentre il senso è una categoria del
discorso, dell'enunciazione, del testo. Vygotskij affermava che «Il significato di una parola è una potenza
che si realizza nel discorso vivo sotto forma di senso»3.
Shvejcer sulla sua scia afferma che
[...] tra significato e senso non c'è una barriera invalicabile. Il senso è il significato
di un'unità linguistica attualizzato in
un'enunciazione4.
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Nella traduzione interlinguistica, abbiamo bisogno quasi sempre di tradurre non il
significato ma il senso, perciò è molto importante tenere presente questa distinzione. Ma è sempre
possibile distinguere il senso dal significato e, soprattutto, il senso è un'entità talmente alta
da risultare esprimibile a prescindere dal contesto linguistico e culturale?
Su questo L'vovskaja è ottimista, poiché ritiene che si possa rispondere «sì». Per la
studiosa russa, infatti, il significato linguistico vale solo all'interno del proprio codice perché
ha un valore sistemico, mentre il senso può sopravvivere al cambiamento di contesto ma viene espresso
diversamente nelle diverse lingue:
[...] il significato è una categoria linguistica, ossia sistemica, perciò i significati
delle unità delle varie lingue possono non coincidere per vari parametri (descrizioni
contenutistiche, volume e posto nel sistema) [mentre il senso] è una categoria della
comunicazione, non dipende dalle differenze tra le lingue e può essere espresso mediante
mezzi linguistici diversi nelle diverse lingue5.
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Vediamo come si può esemplificare nel concreto di un testo tale differenza. Shvejcer
propone il caso di killing, murder e manslaughter. Mentre killing è generico e significa «uccisione,
omicidio» senza ulteriori specificazioni, in termini soprattutto giuridici murder significa «omicidio
volontario» e manslaughter «omicidio involontario». Il tratto distintivo tra murder e manslaughter è
la volontarietà/involontarietà dell'atto, ma questo non significa che in qualsiasi co-testo -
contesto enunciativo - sia necessario specificare «omicidio volontario» o «omicidio involontario».
Per esempio, nella frase «Am I supposed to have committed a murder?» («Sono accusato di avere
commesso un omicidio?»), la situazione descritta nel testo fino a questo passo è tale da neutralizzare
l'opposizione volontarietà/involontarietà, perciò sarebbe assai strano se la traduzione suonasse:
«Am I supposed to have committed a deliberate killing?» («Sono accusato di avere commesso un omicidio volontario?»).
Vi sono tuttavia casi in cui l'opposizione volontarietà/involontarietà è attivata, e quindi
la comprensione del testo è possibile soltanto tenendone conto. Nella frase «The Pentagon lawyers are
leaning over backwards to prove that the Songmy massacre was killing, not murder», evidentemente tale
distinzione diviene fondamentale, perciò anche nella traduzione occorre tenerne
conto6.
Esistono casi in cui la differenza tra significato e senso è piuttosto marcata, ma il contesto
(e la somiglianza di due culture per quanto riguarda la possibilità che si verifichi tale situazione
contestuale) può venire in soccorso del traduttore.
Nella situazione prosaica in cui qualcuno riceva una telefonata rivolta a un destinatario
diverso, nelle varie lingue esistono le espressioni
Vy ne tuda popali
You must have the wrong number
Sie haben falsch gewählt
Lei ha sbagliato numero
Nelle culture contemporanee in cui è diffuso l'uso del telefono, è facilissimo
per un lettore capire quale situazione è simile a quella descritta e reinterpretarla ricorrendo a
parole probabilmente impiegate nella metacultura nella situazione descritta nella protocultura.
Suonerebbe perciò molto strana una traduzione in inglese, poniamo, della frase russa come questa:
You have not hit there.
Dal punto di vista dell'efficacia comunicativa, è molto più opportuno prendere
la frase «You must have the wrong number» e inserirla nel testo senza badare ai problemi di
corrispondenza linguistica delle singole parole.
D'altra parte, questo ragionamento ci induce a considerare, oltre al significato degli
enunciati, anche la loro marcatezza. La frase russa Vy ne tuda popali non è marcata, ossia è quella
che banalmente chiunque potrebbe dire in una situazione come quella descritta. Ma immaginiamo che
invece la risposta sia marcata, per esempio, che qualcuno al telefono dica:
People dialing this number usually want to talk to someone else
In questo caso, una traduzione adeguata deve tenere conto di tale marcatezza (qui si tratta di un
segnale che viene lanciato al lettore per indicargli che chi parla si esprime in un modo insolito,
lasciando in sospeso il motivo di tale stranezza) e cercare di riprodurla con un enunciato altrettanto
marcato, possibilmente in modo simile.
Vediamo che la presunta unicità del senso è irraggiungibile, anche se dal livello dei codici
linguistici saliamo a quello dei codici semiotici. Quello che avviene, per il significato, tra due codici
linguistici - l'impossibilità di trovare in un codice una parola "corrispondente" a quella di un altro
codice - avviene anche per il senso. Tra due codici semiotici può esserci una differenza enorme di senso
tra due azioni perfettamente identiche. Per esempio, mettersi le mani in tasca, in certe culture, per un
maschio adulto ha la connotazione di un gesto rozzo e triviale, da maleducati, mentre in altre culture è
un normalissimo modo di stare in società. E questo avviene senza che ci sia bisogno di scomodare le culture
contemporanee dove non esistono né i pantaloni né le tasche, né le culture di epoche passate. Non ci sarebbe
da stupirsi, perciò, se anche la semplice frase «You must have the wrong number» venisse, in certe culture,
presa per una comunicazione ostile o maleducata. Qualcuno, per esempio, potrebbe offendersi perché il numero
digitato viene definito «sbagliato», quando in realtà è un numero eticamente corretto che ha la caratteristica
di non servire a collegarsi con un certo apparecchio telefonico.
Riferimenti Bibliografici
CALVINO I. Se una notte d'inverno un viaggiatore, Torino,
Einaudi, 1979.
L'VOVSKAJA Z. D. Teoreticheskie problemy perevoda, Moskvà, Nauka, 1985.
SCVEJCER A. D. Teorija perevoda: status, problemy, aspekty, Moskvà, Nauka, 1988. ISBN 5-02-010882-0.
VYGOTSKIJ L. S. Izbrannye psihologicheskie issledovanija, Moskvà, 1956.
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