33 - Che cosa significa «realia»?
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«[...] uno siente regret o rimpianto, no hay palabra española exacta para eso, quizá seamos poco dados en estas tierras a lamentar lo ocurrido o lo no ocurrido, lo que hicimos o dejamos de hacer»1.
"[...] you feel what is called 'regret' in English, or 'rimpianto', in Italian; there's no Spanish word that says it exactly, maybe we're not much given in these lands to lamenting what has or hasn't happened, what we did or failed to do"2.
Dovendo affrontare l'applicazione pratica della distinzione in categorie dei cambiamenti traduttivi, ci occorre del materiale e, per una parte di tali cambiamenti, il materiale forse più adatto è quello tratto dalla vita quotidiana, dove il modo di vivere di un popolo, i dettagli prosaici della vita sociale dettano la nascita spontanea di forme espressive che poi, trasposte nella letteratura, diventano a volte molto difficili da tradurre.
Alcune di queste forme espressive spontanee entrano nel vocabolario e finiscono per caratterizzare la parlata non tanto linguistica, quanto culturale di un popolo. Singoli frammenti di popolazioni portano avanti tradizioni culturali specifiche, portando con sé alcune parole speciali.
Per entrare in questo campo è necessario innanzitutto capire che cosa significa «realia», dentro gli studi sulla traduzione, ma anche al di fuori, e per questo ci faremo aiutare da due studiosi bulgari, Sergej Vlahov e Sider Florin, che nel 1980 hanno pubblicato un volume intero dedicato a ciò che normalmente viene considerato «intraducibile».
La parola «realia» nasce in latino, non quello parlato dai Romani, ma quello parlato dagli studiosi di vari paesi nel Medioevo come lingua della scienza, della ricerca, della filosofia. Dato che in latino il nominativo neutro plurale di un aggettivo lo trasforma in un sostantivo, «realia» significa «le cose reali», contrapposte alle parole, che non sono considerate né «cose» né reali. Per questo motivo, la parola è un plurale di «realis» che però nei dizionari di latino non si trova perché, solitamente, i dizionari censiscono soprattutto le occorrenze del latino classico, non medievale.
In questa accezione, la parola indica gli oggetti della cultura materiale.
Entrando nel campo degli studi sulla traduzione, occorre fare un salto di qualità terminologico: «realia», infatti, non indica oggetti, ma segni, parole, e precisamente quelle parole che significano oggetti della cultura materiale, specialmente se si tratta di una cultura locale. Perciò bisogna distinguere i realia oggetti (perlopiù fuori dalla traduttologia) dai realia parole (perlopiù dentro la traduttologia).
In ogni lingua ci sono parole che, senza distinguersi in alcun modo nell'originale dal co-testo verbale, ciò nondimeno non si prestano a trasmissione in un'altra lingua con i mezzi soliti e richiedono al traduttore un atteggiamento particolare: alcune di queste passano nel testo della traduzione in forma invariata (si trascrivono), altre possono solo in parte conservare in traduzione la propria struttura morfologica o fonetica, altre ancora occorre sostituirle a volte con unità lessicali di valore del tutto diverso di aspetto o addirittura "composte". Tra queste parole s'incontrano denominazioni di elementi della vita quotidiana, della storia, della cultura ecc. di un certo popolo, paese, luogo che non esistono presso altri popoli, in altri paesi e luoghi. Proprio queste parole nella teoria della traduzione hanno ricevuto il nome di «realia». (1969: 432)
Per complicare ulteriormente il quadro terminologico già abbastanza confuso, gli studiosi dell'area dell'Europa orientale, che sono stati tra i primi a usare questo termine in traduttologia, non lo considerano un neutro plurale, ma un femminile singolare. In particolare, in russo esiste la parola реалия (realija) che è un femminile singolare. Di conseguenza, innanzitutto è possibile parlare di realia al singolare (per indicare una di queste parole), cosa che noi non ci possiamo permettere, a meno di non usare la parola «realium», che però, in quanto singolare, perde il valore di sostantivazione dell'aggettivo. In secondo luogo, quando la parola viene usata al plurale, perde la desinenza in -a, seguendo la declinazione del femminile, e diventa реалии (realii).
Differenze linguistiche a parte, occorre prestare attenzione a non confondere il campo dei realia e quello dei termini. Sentiamo il parere di Vlahov e Florin:
Tra termini e realia esiste una differenza significativa. I termini sono la base del lessico scientifico; la loro sfera d'azione è la letteratura specialistica, scientifica; nelle altre sfere, soprattutto nella letteratura artistica, sono usati con un preciso scopo stilistico. I realia non s'incontrano prevalentemente nella letteratura artistica, dove com'è noto rappresentano elementi del colorito locale e storico; ne troviamo anche in alcune scienze descrittive, ma ormai soprattutto come denominazioni di oggetto di descrizione o addirittura come termini allo stato puro. (1969: 433)
Lo studio di Vlahov e Florin è prezioso, e ci ritorneremo insieme varie volte. Per il momento, quello che mi preme puntualizzare è la definizione che i due studiosi bulgari danno dei «realia» nell'àmbito di pertinenza di questo corso:
parole (e locuzioni composte) della lingua popolare che rappresentano denominazioni di oggetti, concetti, fenomeni tipici di un ambiente geografico, di una cultura, della vita materiale o di peculiarità storicosociali di un popolo, di una nazione, di un paese, di una tribù, e che quindi sono portatrici di un colorito nazionale, locale o storico; queste parole non hanno corrispondenze precise in altre lingue (1969: 438).
Nelle prossime unità esamineremo casi concreti di realia per vedere quali sono le loro attualizzazioni e possibili e in che modo possono essere sistematizzate.
Riferimenti Bibliografici
MARÍAS J. Negra espalda del tiempo, Punto de lectura, 2000 (edizione originale 1998), ISBN 84-663-0007-7.
MARÍAS J. Dark Back of Time, New York, New Directions, 2001 (translated by Esther Allen), ISBN 0-8112-1466-4.
VLAHOV S., FLORIN S., Neperovodimoe v perevode. Realii, in Masterstvo perevoda, n. 6, 1969, Moskvà, Sovetskij pisatel´, 1970, p. 432-456.
VLAHOV S., FLORIN S., Neperovodimoe v perevode, Moskvà, Vysaja kola, 1986.
1 Marías 2000, p. 71.
2 Marías 2001, p. 58-59.
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