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8. La scrittura come processo mentale

IN RETE
(in italiano)
MARCHESE A.

FREUD S.

CELATI G.




IN RETE
(in inglese)
BELL, R. T.
Routledge Encyclopedia of Translation Studies.


VYGOTSKIJ L. S.

American Psychoanalytic Association

LAING, R. D.
Abbiamo visto nelle unità precedenti come la lettura sia una sorta di traduzione dal linguaggio verbale in materiale mentale o, se preferiamo, dal linguaggio verbale esterno al linguaggio interno. Il soggetto legge e percepisce ciò che legge traendone interpretazioni e inferenze sui possibili intenti dell'autore del messaggio nel formularlo. (Ci soffermeremo in séguito su cosa si intenda per «autore».) Si è parlato dei tipi cognitivi come entità che aiutano l'individuo a catalogare le occorrenze dell'esperienza per organizzare la percezione presente e futura.

Se l'oggetto della percezione non è fatto di parole, la percezione non passa necessariamente per la verbalizzazione: il soggetto riesce a percepire qualcosa e a catalogare queste sue sensazioni senza tradurle in parole, e ciò non gli impedisce di riconoscere l'oggetto della percezione se gli ri-occorre.

«La prima e più importante caratteristica del linguaggio interno è la sua particolarissima sintassi. [...] Questa particolarità si manifesta nella frammentarietà apparente, nella discontinuità, nell'abbreviazione del linguaggio interno rispetto a quello esterno» 1. C'è «una tendenza assolutamente originale all'abbreviazione della frase e della proposizione, nel senso che conserva il predicato e le parti della proposizione che gli sono legate a spese dell'omissione del soggetto e delle parole che gli sono legate. Questa tendenza alla predicatività della sintassi del linguaggio interno si manifesta [...] con una regolarità perfetta [...] cosicché alla fine, ricorrendo al metodo della interpolazione, dovremmo supporre che la predicatività pura ed assoluta è la forma sintattica fondamentale del linguaggio interno» 2.

La "messa in parole", la traduzione in un codice esterno comune ad altri, è atto indispensabile unicamente per la vita sociale dell'individuo, per poter condividere con altri il contenuto dei propri atti cognitivi e percettivi.

Si è anche detto che la relazione tra significante e significato è arbitraria, tant'è vero che le lingue naturali sono diverse una dall'altra: tra la percezione di un oggetto-cavallo e la produzione del suono «cavallo» o dei caratteri grafici c a v a l l o non c'è una relazione necessaria, tant'è vero che per un francese lo stesso oggetto è «cheval», per un inglese «horse» e così via.

1 Vygotskij 1990, p. 363.
2 Vygotskij 1990, p. 365.


E si è detto che il campo semantico di un significante non è lo stesso per due individui, perché ciascuno di noi lega a ogni significante - in modo più o meno consapevole - determinate esperienze soggettive, e quindi un significante evoca in ciascuno di noi memorie, sensazioni, immagini diverse. A maggior ragione, il campo semantico di «cavallo» non può corrispondere completamente al campo semantico di «cheval», «horse», eccetera.

In altri termini, ogni linguaggio naturale (e ogni idioletto, ossia l'uso della lingua proprio di ciascun «individuo, il suo linguaggio o "stile" personale, prescindendo dal gruppo o dalla comunità in cui l'individuo è inserito» 3) cataloga in modo diverso lo scibile umano. Dunque il linguaggio non è soltanto un mezzo per comunicare con altri membri della nostra specie, ma è anche, a sua volta, un sistema di catalogazione delle percezioni, delle idee, delle immagini, degli affetti.

Nella nostra mente funzionerebbero perciò due sistemi di catalogazione indipendenti uno dall'altro e paralleli, o sovrapposti: il sistema dei tipi cognitivi, funzionante solo soggettivamente e interiormente, e il sistema di catalogazione verbale, con valenze anche di comunicazione esterna, ancorché parziale e imperfetta.

Prendiamo l'esempio dei sogni. Già Freud nell'Interpretazione dei sogni ha analizzato le caratteristiche salienti dei meccanismi che portano alla formazione dei sogni 4. I sogni non sono fatti di parole, e nascono dal nostro interno. «I processi di pensiero e gli affetti nei sogni sono rappresentati in forma visiva e (meno spesso) uditiva. Nei sogni appaiono anche altre modalità di esperienza sensoriale: tatto, odorato, gusto e sensazione cinestetica. [...] due elementi del lavoro onirico sono la rappresentazione plastica e simbolica, ossia la trasformazione di pensieri in simboli sensoriali e immagini; e l'elaborazione secondaria, la connessione delle immagini e dei singoli elementi del sogno in una storia o azione con un minimo di coerenza. A volte l'elaborazione secondaria, o revisione, non avviene e il sogno viene ricordato come una serie disgiunta, incoerente e bizzarra di immagini o frasi ». 5

Quando, al nostro risveglio, ricordiamo un sogno, tale ricordo è fatto di materiale non verbale, indipendentemente dal fatto che abbiamo o no la sensazione di un ricordo preciso. Se tale materiale viene conservato così com'è, segue il destino di tutti gli altri nostri ricordi: viene eroso dal tempo in modo più o meno rapido, a seconda dei casi.

3 Marchese 1991, p. 140.
4 Freud 1900.
5 American Psychoanalytic Association 1993, p. 195-196.


Diverso è l'itinerario del materiale onirico se proviamo a scrivere il contenuto del sogno o se proviamo a raccontarlo a qualcuno: è necessario un vero e proprio lavoro di traduzione. Occorre tradurre in parole immagini, suoni, sensazioni di altro genere. Quando mettiamo un sogno in parole, siamo costantemente insoddisfatti della completezza della nostra traduzione, restano escluse dal testo che siamo riusciti a produrre sensazioni o immagini che si sottraggono alla descrizione verbale o che, trasformate in parole, risultano più povere, meno espressive. Un sogno a volte lascia delle sensazioni fortissime, tanto che per varie ore non riusciamo a liberarci della sua influenza, anche se razionalmente siamo consapevoli che ciò che abbiamo sognato non è successo nel mondo esterno, ma solo al nostro interno, nel mondo mentale-immaginario. È molto raro però che riusciamo a trasmettere all'esterno la forza di tali sensazioni, a meno di possedere doti di espressione artistica, multimediale, o capacità di usare la parola in senso poetico, o anche le arti figurative, la musica, l'espressione corporea.

Inoltre, alla nostra mente razionale diurna sfugge la logica di certi passaggi dei sogni: com'è possibile che prima io fossi in cima a una montagna e poi, senza avere intrapreso nessun viaggio, mi trovassi sul tappeto di casa mia? E quindi, in quella che nella citazione abbiamo chiamato «elaborazione secondaria», il nostro dovere di cronista ci impone, magari senza che ce ne accorgiamo, aggiustamenti, modifiche, correzioni per fare sì che la storia abbia un suo senso, una fabula, magari del tutto estranea al materiale mentale originario.

«[...] il linguaggio interno è una formazione particolare per la sua natura psicologica, un tipo particolare di attività verbale, che ha delle caratteristiche assolutamente specifiche e sta in un rapporto complesso con gli altri tipi di attività verbale. [...] Il linguaggio esterno è un processo di trasformazione del pensiero [mysl´] nella parola, la sua materializzazione e oggettivazione» 6.

Questa materializzazione, se da un lato è incompleta e si lascia dietro un residuo comunicativo, dall'altro però può essere uno strumento prezioso per accrescere il controllo sulla nostra mente. Da Freud in poi, molte terapie per il trattamento di vari tipi di nevrosi si basano sulla parola: il paziente cerca di tradurre in parole sensazioni, angosce, sogni, associazioni mentali e il terapeuta favorisce tale processo di oggettivazione, di materializzazione che spesso è liberatorio. Collegamenti interni tra vari pensieri o affetti - come rimandi ipertestuali provvisoriamente disattivati - che, prima della verbalizzazione, apparivano inesistenti, con la materializzazione verbale diventano evidenti, e in taluni casi sciolgono nodi 7, tensioni e corti circuiti mentali che possono stare alla base di sintomi nevrotici, lasciando il paziente sollevato e dotandolo nel contempo di una maggiore capacità introspettiva.

La scrittura, la traduzione dal linguaggio interno al linguaggio verbale esterno, è un'attività che - oltre a essere una fase del processo di traduzione come la intendiamo in senso professionale - dal punto di vista operativo ha molto in comune con la traduzione intersemiotica. Il fatto che, al posto di un testo di partenza, vi sia quello che Vygotskij chiama «linguaggio interno» e che Eco chiama «tipi cognitivi», e il fatto che il linguaggio verbale esterno sia, oltre che mezzo di espressione, anche strumento di catalogazione dell'esperienza, ha molte implicazioni che riguardano la mente dello scrivente, lo scopo della scrittura e il destinatario dell'atto di scrittura, che può essere una persona fisica (nel caso, per esempio, di una lettera) o un destinatario ipotetico, implicito, un modello di lettore (come nel caso di un libro).

6 Vygotskij 1990, p. 346-347.
7 Laing 1970.


Può darsi anche il caso di una scrittura come tentativo di autoterapia, di riflessione tra sé e sé, senza postulare un destinatario. Anzi, per alcuni solo questa è la vera scrittura. Anna Maria Ortese ha scritto: «Scrivere è cercare la calma, e qualche volta trovarla. È tornare a casa. Lo stesso che leggere. Chi scrive e legge realmente, cioè solo per sé, rientra a casa; sta bene. Chi non scrive o non legge mai, o solo su comando - per ragioni pratiche - è sempre fuori casa, anche se ne ha molte. È un povero, e rende la vita più povera» .8.

Gianni Celati, facendo riferimento a un racconto di Marco Belpoliti, intitolato La linea evapora nel piano, mostra di apprezzare la metafora geometrica della scrittura come attività lineare il cui prodotto però si moltiplica acquistando una dimensione in più. «Ma questa idea della linea che evapora sublimandosi nel piano, mentre fa pensare alla geometria in modo più immaginativo del solito, fa anche venire in mente che la scrittura è appunto una linea che produce un piano. Ecco come si espandono i trasognamenti dell'intelletto (maestro Italo Calvino)» 9.

Nelle prossime unità vedremo che ripercussioni tutti questi modi di intendere la scrittura hanno sull'atto traduttivo.

8 Citata in Celati 1992, p. 11.
9 Celati 1992, p. 22.


Bibliografia

AMERICAN PSYCHOANALYTIC ASSOCIATION Dizionario di psicoanalisi. A cura di B. E. Moore e Bernard D. Fine. Edizione originale: Psychoanalytic terms and concepts.
New Haven e London, Yale University Press, 1990. ISBN 0-300-04701-0. Trad. di B. Osimo e L. Portella. Milano, Sperling & Kupfer, 1993. ISBN 88-200-1549-8.

CELATI G., a cura di, Narratori delle riserve.
Milano, Feltrinelli, 1992. ISBN 88-07-01439-4.

FREUD S. Die Traumdeutung.
Leipzig, Franz Deuticke, 1900.

FREUD S. L'interpretazione dei sogni.
Roma, Avanzini e Torraca, 1969.

LAING, R. D. Knots.
New York, Pantheon Books, 1970. ISBN 0-394-43211-8

MARCHESE A. Dizionario di retorica e di stilistica.
Milano, Mondadori, 1991. ISBN 88-04-14664-8.

VYGOTSKIJ L. S. Pensiero e linguaggio. Ricerche psicologiche.
Edizione originale: Myšlenie i rec´. Psihologičeskie issledovanija. Moskvà-Leningrad, Gosudarstvennoe social´no-èkonomičeskoe izdatel´stvo, 1934, a cura di L. Mecacci. Bari, Laterza, 1990. ISBN 88-420-3588-2.