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29. L'analisi del testo da tradurre - quarta parte

 

«[...] c'è una cosa che è lì, una cosa fatta di scrittura, un oggetto solido, materiale, che non si può cambiare [...]»1

 

Altri elementi fondamentali dell'analisi del prototesto in traduzione interlinguistica sono le coordinate spaziotemporali dell'atto comunicativo.
Quanto allo spazio, la dimensione geografica del prototesto ha un peso quando dice qualcosa di più rispetto alla lingua in cui è scritto, che in certi casi dà già un'idea del luogo in cui il prototesto è nato. Ha senso parlare di coordinate geografiche del prototesto quando questo contiene implicitamente caratteristiche della lingua impiegata in una sottoarea del territorio complessivo in cui la si parla. Per lingue parlate in più nazioni, come il tedesco, l'inglese, lo spagnolo, il portoghese, il francese ecc., un testo può essere connotato come prodotto in una precisa di queste sottoaree (per esempio in portoghese brasiliano, in francese tunisino, in tedesco austriaco ecc.). Più nello specifico, all'interno della medesima nazione considerata linguisticamente omogenea (una sola lingua nazionale ufficiale, con varianti) possono essere utilizzate tanto la lingua standard quanto le lingue locali, oppure l'uso peculiare che di una parola - in senso sia sintattico sia semantico - viene fatto in una determinata zona.
Occorre tenere presente che differenze d'uso all'interno di uno stesso codice possono risultare molto più evidenti da "vicino" che da "lontano"2, come avviene nella visione prospettica. Per uno straniero che conosca l'italiano, l'insieme dei dialetti parlati nel Veneto può apparire un tutto omogeneo, mentre per un veronese le differenze del proprio dialetto con quello di Venezia sono enormi e insormontabili.
Del luogo di origine di un testo è importante sapere se le condizioni sociali permettono di scrivere liberamente o c'è censura politica o di costume. In quest'ultimo caso, come dice Nord, gli autori scrivono tra le righe, perciò bisogna sforzarsi di cogliere il messaggio implicito sfuggito alla censura per poterlo riprodurre. Quando non sia postulato che il traduttore ha un ruolo più ampio di quello della traduzione interlinguistica, che lo porta a configurarsi come mediatore in senso più globale, l'interpretazione del "messaggio cifrato" non è affidata al traduttore, il quale deve permettere al lettore del metatesto di decifrarlo con mezzi analoghi a quelli offerti al lettore del prototesto.
Un altro dato importante riguarda la città o il punto preciso in cui è ambientato un testo per la corretta decifrazione dei deittici di luogo. Certe frasi possono presupporre conoscenze che, tradotte in altre lingue, rischiano di presupporne altre. Riferimenti, per esempio, a parchi, edifici, chiese in traduzione interlinguistica possono rivelarsi fuorvianti se non si sa di che cosa si sta parlando di preciso. Un edificio definito «grattacielo» in una lingua può essere chiamato «torre» in un'altra, il «parco» di una lingua può diventare «bosco» in un'altra, e lo stesso avviene con «duomo» e «cattedrale». Traducendo, per esempio, in francese un brano in cui si nomina il Bois de Boulogne, sarebbe assai depistante se tale luogo venisse indicato come «Parc de Boulogne». Effetto analogo avrebbero la «Cattedrale di Milano», l'«Empire State Tower» ecc.
Christiane Nord fa un esempio relativo ai deittici: in un articolo, dopo l'indicazione del luogo e del tempo, compare la frase «Ora qui è ritornata la calma». Nord sostiene che «Anche in una traduzione la dimensione spaziale va specificata o esternamente (per esempio in un'introduzione) o internamente (per esempio «Ora nella città di X è ritornata la calma»)»3.
Implicito in questo aspetto dell'approccio normativo di Nord è un allargamento della funzione del traduttore a mediatore comunicativo globale. Il lettore del prototesto, nell'esempio riportato, risulta più capace di capire rispetto al lettore del metatesto: laddove, nel primo caso, dopo avere letto che l'articolo è stato scritto nella città X, il lettore capisce che «qui» si riferisce a X, nel secondo caso ci si propone non tanto di spiegare al lettore del metatesto che «qui» corrisponde a «nella città di X», quanto di fingere che nell'originale fosse scritto ciò che non è.
Portando questa concezione alle sue estreme conseguenze, occorrerebbe, traducendo, trasformare tutti i discorsi diretti in discorsi indiretti, e intervenire ogni volta che il ricorso a deittici presuppone la collocazione nello spazio dell'azione in relazione alle coordinate spaziali esterne. «Vieni qui» potrebbe diventare, per esempio, «Gli disse di avvicinarsi a lui». Su questo non possiamo condividere l'impostazione di Nord. La capacità d'orientamento del lettore del metatesto a priori è identica a quella del lettore del prototesto, e chiunque abbia avuto uno sviluppo psichico normale conosce l'uso dei deittici e sa come comportarsi per decifrarli. Quando il lettore non russo di Guerra e pace di L. N. Tolstoj legge, all'inizio del primo libro, «Non, je vous pré-viens que si vous ne me dites pas que nous avons la guerre, si vous vous permettez encore de pallier tou-tes les infamies, toutes les atrocités de cet Antichrist (ma parole, j'y crois), je ne vous connais plus, vous n'êtes plus mon ami», capisce che non si parla necessariamente di un'azione che si svolge nel luogo (né nel tempo) in cui sta leggendo. L'intervento di ipermediazione del traduttore non ci sembra dunque implicito nei suoi cómpiti, perché trasforma il processo traduttivo interlinguistico puro in un processo di semplificazione e adattamento, normalmente non richiesto a un traduttore.
Un discorso molto simile viene fatto da Nord per quanto riguarda i deittici di tempo. L'autrice tedesca si stupisce di avere letto sul giornale a Madras «oggi pomeriggio c'è stato un disastro ferroviario», affermando che, in Germania, l'autore avrebbe scritto «ieri pomeriggio». È un discorso più complesso di quanto potrebbe apparire, perché può verificarsi anche il caso in cui, per eccesso di ansia da comprensione, mittente e ricevente finiscano per invadere ognuno lo spazio interpretativo dell'altro, giungendo a quello che viene definito «ragionamento alla Fort Worth».
Pare infatti che nella città statunitense una persona abituata a ricevere il giornale a domicilio abbia lasciato alla persona addetta alla distribuzione questo messaggio:

Oggi non mi lasci il giornale. Naturalmente, quando dico «oggi», intendo «domani», perché il biglietto lo sto scrivendo ieri4.

L'eccesso di zelo del cliente può solo avere generato confusione nel ricevente, il distributore di giornali, perché un passo di mediazione temporale che gli sarebbe stato molto facile compiere è diventato complesso a causa del desiderio di andargli incontro da parte del mittente.
Così come il lettore del prototesto si rende conto delle coordinate cronotopiche dell'enunciazione con gli strumenti messigli a disposizione da parte dell'autore (testo) e dell'editore (metatesto), stesso processo avviene con il lettore del testo tradotto. Un eccesso di zelo può solo generare incomprensione e contrapporsi alle intenzioni comunicative dell'autore, alla sua strategia narrativa, nella quale può facilmente rientrare anche il dosaggio più o meno accurato dell'implicitezza.

  

Riferimenti Bibliografici

CALVINO I. Se una notte d'inverno un viaggiatore, Torino, Einaudi, 1979.

COHEN G. CUNNINGHAM D. H. Creating Technical Manuals. A step-by-step approach to writing user-friendly instructions. New York, McGraw-Hill, 1984, ISBN 0-07-011584-2.

NORD C. Text Analysis in Translation. Theory, Methodology, and Didactic Application of a Model for Translation-Oriented Text Analy-sis, traduzione dal tedesco di C. Nord e P. Sparrow, Amsterdam, Rodopi, 1991, ISBN 90-5183-311-3.


1 Calvino 1979, p. 71.
2 Nord 1991, p. 61.
3 Nord 1991, p. 62.
4 Cohen Cunningham 1984, p. 18.