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4 - La generazione del testo - prima parte

 

«[...] la palabra [...] es en sí misma metafórica y por
ello imprecisa [...] »1

 

La traduzione in parole del contenuto mentale che lo scrivente vuole esprimere è oggetto di studi nel campo della psicolinguistica, dove questa fase specifica anche del processo di traduzione interlinguistica viene chiamata «generazione di testo». Sul fatto che si tratti di un processo traduttivo - all'interno del più ampio processo traduttivo interlinguistico - implicitamente concordano anche i ricercatori che se ne occupano, che per descriverlo usano spontaneamente le parole «tradurre» e derivati:

La produzione di un testo o di un discorso consiste fondamentalmente nel determinare, organizzare e tradurre un contenuto perché raggiunga specifici obiettivi comunicativi. Ci occuperemo qui solo dell'ultima componente, la traduzione di una struttura concettuale (messaggio) nella forma linguistica corrispondente2.

I ricercatori indagano in che modo si giunge alla formulazione di un enunciato, partendo dalla formazione del materiale mentale da esprimere e passando per l'intenzione di esprimerlo. Nel caso della traduzione interlinguistica, il processo di generazione del testo ha una tappa in meno: possiamo dare per già formato il contenuto da esprimere, poiché si presume che ciò sia frutto della lettura del prototesto come descritta nella seconda parte del corso. Perciò, della teoria della generazione del testo ci interessano tutte le fasi successive alla formazione del contenuto.
Domandiamoci se ha senso dare una limitazione così netta al concetto di traduzione. Non si è forse visto che la concezione della traduzione totale amplia di molto il campo semantico della parola «traduzione»? Ha dunque senso affermare ugualmente che il contenuto espresso in un metatesto è comunque derivato dal prototesto? La risposta che mi sembra più sensata è quella affermativa. «Traduzione totale» non significa assolutamente «scrittura in libertà» e, se oggetto del suo studio sono anche trasferimenti o cambiamenti semiotici che originariamente la teoria della traduzione non aveva preso in considerazione, resta fermo il punto che si ha a che fare con un prototesto e con un metatesto, e che quest'ultimo è frutto di elaborazione del primo. Come si compia questa elaborazione non è specificato, ma che sia un'elaborazione - e non un'invenzione dal nulla, ammesso che questa esista - è detto chiaro e tondo.
La mente umana elabora il linguaggio scomponendolo - inconsciamente: tutto è troppo veloce perché possa essere controllato in modo consapevole - in "unità di elaborazione", pezzi (chunk) concettuali che possono corrispondere a gruppi nominali, proposizioni, ma non corrispondono mai a singole parole3. L'elaborazione parola per parola può portare a vicoli ciechi, può bloccare a metà la formulazione di frasi. In un lavoro del 1986, citato in Zock 1997, si fa notare cosa succede per esempio in frasi francesi contenenti clitici:

a) il me LE donne (lui ME lo dà)
b) il LE lui donne (lui GLIElo dà)
c) il te LE donne (lui TE lo dà)

Negli esempi analizzati, sarebbe impossibile procedere alla formulazione se non si conoscesse fin dall'inizio qual è la persona oggetto dell'azione di dare4.
La lunghezza dei chunk usati dal singolo soggetto come unità di elaborazione dipende, oltre che dalla complessità dei concetti da esprimere, dalla competenza tecnica dello scrivente. Quanto più uno scrivente è esperto e abile, tanto più è capace di lavorare su chunk estesi. Evidentemente il traduttore in fase di stesura non fa eccezione a questa regola descrittiva5: tanto più ha esperienza tecnica in materia traduttiva, tanto più grandi sono i chunk di testo ai quali applica in prima battuta microstrategie traduttive.
Traducendo un chunk mentale6 in parole, lo scrivente proietta una struttura concettuale (struttura profonda) su una forma linguistica (struttura superficiale). I concetti vengono proiettati sulle parole, ognuna delle quali ha un'identità categoriale (parte del discorso: nome, verbo, aggettivo avverbio ecc.), un'identità relazionale immediata (oggetto, complemento oggetto, complemento indiretto) e un'identità relazionale più estesa (tipo di frase)7. Questi tre gradi di complessità corrispondono a chunk progressivamente più estesi e richiedono livelli progettuali progressivamente più complessi.
Il contenuto e la forma verbale degli enunciati prodotti non dipendono unicamente dal materiale mentale che vi sta alla base. Esistono delle "abitudini", delle "consuetudini" espressive, delle esperienze cognitive che tendono a essere ripetute.

[...] c'è una forte tendenza a tradurre un certo elemento o una certa struttura concettuale mediante una forma sintattica specifica, ossia ci sono mappature standard8.

Esiste un primo abbozzo verbale del contenuto mentale da esprimere che viene a volte realizzato così, cercando corrispondenze anche approssimative tra esperienze di scrittura precedenti e ciò che urge esprimere. Questo procedimento, in inglese pattern matching, accoppiamento o individuazione di corrispondenze di modelli, produce una prima stesura approssimativa, paragonabile a quella che Freud chiama «elaborazione primaria» in riferimento alla lessicalizzazione dei sogni. Tale prima fase presuppone poi, specie negli scriventi più esperti e smaliziati, una seconda fase di revisione e messa a punto9.

  

Riferimenti Bibliografici

BATEMAN J. & ZOCK M. Natural Language Generation, in R. Mitkov, a cura di, Handbook of Computational Linguistics, Oxford University Press, 2001, ISBN

MARÍAS J. Negra espalda del tiempo, Punto de lectura, 2000 (edizione originale 1998), ISBN 84-663-0007-7.

ZOCK M. Holmes meets Montgomery: an unusual yet necessary encounter between a detective and a general, or, the need of analytical and strategic skills in outline planning, in VI Simposio Internacional de Comunicacion Social, Santiago de Cuba, 1999, p. 478-483.

ZOCK M. The power of words, in Message Planning, 16th International Conference on Computational Linguistics (COLING), Copenhagen, 1996, p. 990-5.

ZOCK M. Sentence generation by pattern matching: the problem of syntactic choice, in R. Mitkov & N. Nicolov a cura di, Recent Advances in Natural Language Processing. Series: Current Issues in Linguistic Theory, Amsterdam, Benjamins, 1997, ISBN p. 317-352.


1 Marías 1998 (2000), p. 10.
2 «Text or discourse production basically consists in determining, organizing and translating content in order to achieve specific communicative goals. We shall be concerned here only with the last component, the translation of a conceptual structure (message) into its corresponding linguistic form». Neretto mio. Zock 1997, p. 317.
3 Zock 1997, p. 318.
4 Zock 1997, p. 318-319, nota.
5 Questo è un altro buon motivo per evitare di pensare in termini di equivalenza (o corrispondenza) linguistica. Alcuni sistemi di traduzione assistita da elaboratore, come per esempio Wordfast, non lavorano sulle parole, ma su chunk più estesi, la cui misura può essere decisa dal traduttore stesso caso per caso.
6 Alcuni autori parlano di «immagini» mentali. Altri preferiscono parlare in termini generici per evitare di attribuire al linguaggio interno - caratterizzato da una molteplicità di codici semiotici diversi - una dimensione esclusivamente visiva.
7 Zock 1997, p. 321-322.
8 «[...] there is a strong tendency to translate a given conceptual element or structure by a specific syntactic form, that is, there are default mappings». Zock 1997, p. 323. Neretto mio.
9 Zock 1997, p. 324.