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11 - La resa metatestuale

«Quando in casa trovavo da qualche parte un giornale, proprio lui mi permetteva di leggere i titoli ad alta voce, e di tanto in tanto, purché non si trattasse di cose troppo difficili, me ne spiegava il significato»1.

Alla fine dell’unità precedente, è emersa la questione dell’esplicitazione come processo mentale spontaneo, aconscio che caratterizzerebbe, secondo Blum-Kulka, ogni atto di mediazione linguistica. La parte dell’esplicitazione che mi interessa qui, dovendomi occupare del recupero del residuo traduttivo, è però proprio quella che non è caratterizzata dalla ridondanza. Se le traduzioni sono più ridondanti degli originali, questo è un aspetto che esula dalla questione della gestione del residuo. Ciò che interessa in questa fase del corso è invece individuare l’esito delle zone del prototesto che non solo non hanno esiti traduttivi ridondanti, ma comportano deficienze comunicative.

Vorrei mettere in guardia dal rischio metodologico di differenziare l’esplicitazione dovuta a differenze tra i sistemi linguistici e l’esplicitazione dovuta a differenze tra i sistemi culturali extralinguistici. A mio modo di vedere, dal punto di vista semiotico entrambi i tipi di esplicitazione sono di origine culturale. Pym parla proprio dell’implicito nella cultura come causa scatenante dell’esplicitazione:

quando si attraversa una parete culturale, si incontrano luoghi particolari che richiedono l’espansione del testo. I termini più difficili tendono a richiedere una parafrasi o una spiegazione, di solito giustificabile in quanto esplicitazione di informazioni culturali implicite (1993: 123).

Propongo perciò di parlare, più genericamente, di esplicitazione dovuta a differenze culturali, sottintendendo ovviamente anche la sottospecie delle differenze linguistiche. Le differenze formali linguistiche considerate da alcuni studiosi – chiusi nella antica concezione della linguistica come mondo avulso da influenze culturali – come causa principale dell’esplicitazione e della compensazione («qualsiasi parola dell’originale priva di equivalenti», «elementi di senso perduti traducendo un’unità di lingua emittente del prototesto» (Komissarov 1990: 185) sono a mio modo di vedere molto più produttive se inserite nella più ampia categoria dell’implicito della cultura.

Se si accetta l’ipotesi di Whorf – sulla reciproca influenza di lingua e cultura extralinguistica – non vedo come non si potrebbe far rientrare le differenze linguistiche, stilistiche e testuali nel più vasto mondo delle caratteristiche culturali.

Ma come possono una nota del traduttore, una postfazione, una cronologia, una didascalia, una bibliografia aggiunta, una recensione essere considerate alla stregua di atti esplicitanti e compensativi? Nessun autore ne parla in questi termini, perché tali elementi non appartengono al testo, ma all’apparato critico paratestuale o, nella terminologia di Torop, al metatesto.

Occorre innanzitutto domandarsi se tali elementi costituiscano esplicitazioni o compensazioni.

Una postfazione è sempre compensativa, nel senso che viene aggiunta all’edizione di un testo tradotto per favorire la fruizione da parte del lettore del metatesto. Se una postfazione non fosse compensativa, non vi sarebbero altri motivi per pubblicarla. È anche esplicitante? In linea di massima sì, tranne i casi di autori molto ermetici che creano apparati che, più che essere di accompagnamento al testo principale, costituiscono opere poetiche a sé stanti.

Una nota del traduttore è sempre esplicitante, anzi, nasce con lo scopo precipuo di esplicitare qualcosa che può essere di difficile comprensione a causa di differenze culturali. È anche compensativa? Senz’altro sì. Qualora non vi fosse il bisogno di compensare una carenza espressiva del testo, un editore difficilmente acconsentirebbe a pubblicare una nota del traduttore, che in campo editoriale è considerata – probabilmente a torto – come il segno di una sconfitta, di una carenza del traduttore, anziché come segno della consapevolezza del traduttore riguardo alle differenze nell’implicito delle due culture, al possibile residuo e della sua volontà di porvi rimedio.

Anche una cronologia, una mappa, una didascalia, una bibliografia o una recensione sono, nello stesso tempo, esplicitanti e compensative. Credo che sia il caso, pertanto di trarre alcune conclusioni provvisorie sull’applicazione dei princìpi della traduzione totale al filone di studi che fa capo ai concetti di esplicitazione e compensazione.

La prima conclusione riguarda l’opportunità di radunare sotto il concetto di «resa metatestuale» tutti gli artifici compensativi, esplicitanti o esplicativi collocati non dentro il testo tradotto ma a margine del testo tradotto. Tralasciando la questione della tendenza spontanea dei mediatori linguistici a esplicitare, e soffermandosi soltanto sugli aspetti di esplicitazione scaturita dalla consapevolezza (conscia o aconscia) di un residuo traduttivo, propongo di unificare tale esplicitazione "motivata" alla compensazione, che è sempre stata considerata un procedimento non spontaneo ma razionale, sotto il concetto di «resa metatestuale». Ecco una rappresentazione grafica:

ubicazione del cambiamento

all'interno del testo tradotto (metatesto 1)

all'esterno del testo tradotto

(metatesto 2)

categoria tradizionale

compensazione

esplicitazione

compensazione

esplicitazione

note del traduttore

postfazioni ecc.

tipo di processo mentale

ragionato

ragionato

spontaneo

ragionato

categoria secondo la traduzione totale

compensazione ed esplicitazione intratestuale

ipotesi dell’esplicitazione

resa metatestuale

Questa nuova sistematizzazione dei cambiamenti traduttivi ha il vantaggio di accorpare tutti quelli che hanno attinenza con il recupero del residuo, ossia che sono di pertinenza della «resa metatestuale». Mi sembra pertanto che sia molto più produttiva per un approccio semiotico alla traduzione.

 

Riferimenti Bibliografici

BARHUDAROV L. S. JAzyk i perevod. Voprosy obščej i častnoj teorii perevoda, Moskvà, Meždunarodnye otnošenija, 1975.

BLUM-KULKA SHOSHANA Shifts of Cohesion and Coherence in Translation, in Interlingual and Intercultural Communication: Discourse and Cognition in Translation and Second Language Acquisition Studies, a cura di Juliane House e Shosgana Blum-Kulka, Tübingen, Narr, 1986, p. 17-35.

CANETTI ELIAS Die gerettete Zunge. - Die Fackel im Ohr. - Das Augenspiel, München, Carl Hanser Verlag, 1995, ISBN 3-446-18062-1.

CANETTI ELIAS La lingua salvata. Storia di una giovinezza, traduzione di Amina Pandolfi e Renata Colorni, Milano, Adelphi, 1980, ISBN 88-459-0417-2.

CRISAFULLI E. Dante’s Puns and the question of compensation, in Wordplay and Translation, a cura di Dirk Delabastita, Manchester, St. Jerome Publishing, 1996, ISBN 1-900650-01-0, p. 259-276.

HARVEY K. Compensation, in Routledge Encyclopedia of Translation Studies a cura di M. Baker, London, Routledge, 1998, ISBN 0-415-09380-5, p. 37-40.

HERVEY SÁNDOR e HIGGINS IAN Thinking Translation: A Course in Translation Method: French to English, London, Routledge, 1992.

KLAUDY KINGA Explicitation, in Routledge Encyclopedia of Translation Studies a cura di M. Baker, London, Routledge, 1998, ISBN 0-415-09380-5, p. 80-84.

KOMISSAROV V. N. Teorija perevoda (lingvističeskie aspekty), Moskvà, Vysšaja škola, ISBN 5-06-001057-0.

PYM ANTHONY Epistemological Problems in Translation and its Teaching. A Seminar for Thinking Students, Calaceit (Teruel), Caminade, 1993.

VINAY J.-P. e DARBELNET J. Stylistique comparée du français et de l’anglais. Méthode de traduction, Paris, Didier, 1958.


1 Canetti 1980: 84.