«È arrivata in questo momento o ha sentito la
lettura dall'inizio?»1
Un altro elemento fondamentale dell'analisi traduttologica di un testo è quello che
riguarda quello che in teoria della comunicazione si chiama «canale» del messaggio, il mezzo, il medium
tramite cui il messaggio viene convogliato. Ciò che interessa a noi, naturalmente, non sono gli aspetti
tecnici ma il modo in cui il medium di comunicazione influisce sulla percezione del messaggio, sulla
quantità di informazioni erogate e sul potenziale del medium in termini di interattività.
La prima fondamentale distinzione è quella tra testo scritto e testo parlato. L'equilibrio
tra ridondanza e ripetizione viene raggiunto, si diceva, tenendo conto anche degli elementi che, pur non
contenuti nel messaggio, sono presenti nel contesto implicito, e quindi possono essere dati per scontati.
Nella comunicazione orale diretta - intendendo con questo una comunicazione che avviene in presenza del
destinatario e non, poniamo, per telefono o radio - gli elementi dati per scontati abbracciano anche tutto
il contesto geografico del luogo dove avviene la comunicazione.
La geografia del contesto comunicativo diretto è piuttosto ingenua, poiché sottintende - tramite
i deittici - la condivisione della conoscenza del contesto con l'interlocutore. I deittici sono espressioni
perlopiù di tempo e luogo che non indicano le coordinate cronotopiche assolute (per esempio: «Il 29 settembre
2001 a Modena») ma le indicano in termini relativi («Ieri là», «Prima è venuto qui qualcuno»,
«Stavolta ce l'ho fatta»).
Nel primo caso (coordinate assolute), chiunque è in grado di riconoscere il tempo e il luogo a cui
si fa per convenzione riferimento. Nel secondo caso (coordinate relative, espressioni deittiche) chi non è a
conoscenza del luogo e del tempo dell'enunciazione, e di altri dati - nell'ultimo esempio è necessario sapere
a quale altra volta si fa riferimento e che cosa il parlante è riuscito a fare - non ha modo di ricostruirlo
dall'enunciato.
«Deissi», dal greco antico deíknymi, che significa «mostro, indico», significa «indicazione»,
e la deissi è, in effetti, paragonabile alla gestualità che accompagna a volte le enunciazioni. In alcune lingue
esistono gesti con la mano che indicano «vieni qui», oppure «vai via». I deittici sono espressioni che danno sempre
per scontato dove e/o quando avviene la comunicazione. Se il luogo dove si trova l'emittente non coincide con
quello dove si trova il destinatario, la deissi implica anche la conoscenza dei due diversi luoghi (per esempio:
«Verrò là tra un'ora»).
I lettori ricorderanno quanto si è detto a proposito della dialettica mondo proprio/mondo altrui
studiata in particolare da JUrij Lotman. In questi termini, la deissi è comunicazione in un mondo proprio che
dà per scontata l'appartenenza dell'interlocutore allo stesso mondo proprio e ignora l'esistenza di mondi
altrui. In questo senso è comunicazione ingenua o, se vogliamo, locale, provinciale.
Un altro elemento presente nella comunicazione "in diretta", oltre alla deissi, sono i tratti
soprasegmentali. Con questo termine molto tecnico e difficilmente comprensibile si intendono gli elementi
della comunicazione che non passano attraverso la parola trascrivibile, tra cui figurano il tono, l'intonazione,
l'accento, l'inflessione, il timbro vocale, l'intensità (tutti aspetti spesso fondamentali per la comprensione
della poetica dell'opera di cui siamo privati quando assistiamo alla proiezione di un film doppiato) e la durata,
tra cui anche le pause.
Si pensi, per esempio, alla differenza dell'esclamazione «Questa è buona!» se collocata nel contesto
della scena di un film che è appena stata girata, pronunciata dal regista, oppure nel contesto di una lite, in
risposta a un'affermazione dell'interlocutore considerata assurda. La semplice trascrizione fuori contesto
non dà idea della differenza.
Non pensiamo, tuttavia, che la distinzione scritto/orale ci tolga dai pasticci e sia sufficiente.
Esistono testi orali che nascono per essere scritti, come nel caso dei dettati2
e, come è molto più interessante per i traduttori, testi orali nati per essere scritti, o addirittura nati
scritti, come nel caso dei discorsi riportati, o dei dialoghi all'interno della narrativa.
In questi ultimi casi, un'ulteriore distinzione riguarda l'implicitezza/esplicitezza della presenza
di espressione orale nel discorso scritto. Nei casi di maggiore esplicitezza, il testo orale può essere delimitato
da virgolette o altri artifici grafici che lo isolano dal testo scritto, di narrazione, circostante. Altrove può
succedere che il registro dell'oralità entri nella narrazione senza che questa abbia soluzione di continuità; la
presenza di comunicazione orale è allora percepibile unicamente dall'analisi stilistica e, spesso, dalla presenza
di espressioni deittiche.
Le informazioni che il traduttore deve, secondo Nord, procurarsi sul medium del testo da tradurre
riguardano innanzitutto il tipo di medium: brochure, manuale, volantino, opuscolo, enciclopedia, libro, periodico.
All'interno di queste distinzioni generiche è importante fare differenze più sottili, per esempio tra quotidiano
e mensile, tra periodico specializzato e divulgativo ecc.
Fondamentali sono anche le dimensioni del medium, la quantità di lettori a cui si rivolge. Mantenendo
costante il tipo di medium, il fatto che abbia un numero di lettori più o meno elevato influisce sull'eterogeneità
del tipo di lettori a cui si rivolge. Naturalmente sono dati che non vanno considerati in termini assoluti, ma
relativamente al totale dei lettori potenziali in una data lingua. Per esempio, un quotidiano in inglese ha un
pubblico potenziale di gran lunga più numeroso di un quotidiano in estone, perciò il dato di vendita di 500.000
copie, che per il pubblico dei lettori in estone sarebbe una cifra da capogiro, per il pubblico dei lettori in
inglese è decisamente più modesto.
A parità di numero totale dei lettori potenziali, una pubblicazione che tira un milione di copie,
rispetto a una che ne tira diecimila, si rivolge a un pubblico molto più eterogeneo, perciò è necessariamente
meno specialistica, più divulgativa, meno locale, meno specifica. Parlando di libri, l'edizione economica
tascabile di un classico magari venduto in edicola può arrivare a molti più lettori dell'edizione numerata
dello stesso classico con rilegatura e finiture molto costose, oppure dell'edizione di un libro poco noto
di una cultura poco diffusa e poco nota nella cultura ricevente.
Non è detto che, conoscendo il medium, si possa sempre risalire all'intento comunicativo, però
spesso il tipo di medium è un indice molto importante anche in questo. È ben possibile che un quotidiano serio
e diffuso stampi un articolo comico o scandalistico o in contrasto con quello che ci si aspetterebbe dal tono
austero solitamente mantenuto dalla testata, ma in questo caso, proprio per l'anomalia dell'evento, tale
articolo risulterebbe fortemente marcato. Quando un medium viene classificato, è indispensabile stabilire
se le sue caratteristiche sono specifiche di una cultura, specifiche di un gruppo di culture, oppure universali:
è evidente che ciò ha un peso per la traduzione dei suoi testi in una cultura diversa, dove il ruolo di un medium
può essere molto diverso.
Dato che nella pratica della traduzione spesso si ha a che fare con fotocopie, stralci, messaggi
internet, file e altre forme di trasmissione incompleta del testo, o meglio di trasmissione del testo completo
senza il suo contesto grafico - per esempio copertina, apparati, altri testi pubblicati accanto ecc. - è
essenziale che il traduttore cerchi di procurarsi dalla fonte tutte le parti omesse per ricostruire meglio
possibile le caratteristiche del mezzo di comunicazione da cui è tratto il testo.
Riferimenti Bibliografici
CALVINO I. Se una notte d'inverno un viaggiatore, Torino, Einaudi, 1979.
NORD C. Text Analysis in Translation. Theory, Methodology, and Didactic Application of a
Model for Translation-Oriented Text Analysis, traduzione dal tedesco di C. Nord e P. Sparrow,
Amsterdam, Rodopi, 1991, ISBN 90-5183-311-3.
1