«A pensarci bene, la lettura è un atto
necessariamente individuale,
molto più dello scrivere» 1.
Nelle ultime unità abbiamo affrontato il tema della
percezione, e della percezione delle parole. Anche un oggetto, non solo la
parola, evoca qualcosa nella nostra mente. Ma mentre ciò che un oggetto
evoca nella nostra mente è totalmente arbitrario e soggettivo - per
esempio, può darsi che un individuo scappi terrorizzato alla vista di un
inoffensivo pettine -, le parole hanno un significato almeno in parte
codificato e valido per un elevato numero di persone.
Il ricercatore sovietico Vygotskij (di cui abbiamo parlato già
nella prima parte) ha studiato la formazione dei concetti nell'uomo e la
sua relazione con l'apprendimento delle parole. Secondo Vygotskij il
ruolo delle parole è fondamentale: inizialmente si apprende la relazione
tra un oggetto, una situazione o un'azione singola e una parola. Fino a
questo punto non si è appreso un concetto, ma solo la relazione tra una
situazione circoscritta e un suono/segno grafico circoscritto. In un
esperimento condotto da un collaboratore di Vygotskij, Saharov, vengono
presentati ai soggetti elementi di forma, dimensioni e colori diversi,
detti «blocchi sperimentali», dietro i quali sono tracciate parole prive
di senso. Il compito consiste nello stabilire nessi concettuali tra forme,
colori, e parole "nuove". Ecco le conclusioni di Vygotsky.
La formazione del concetto è seguita dal suo trasferimento
ad altri oggetti: il soggetto viene indotto a usare i nuovi
termini per parlare di oggetti diversi dai blocchi sperimentali,
e definire il loro significato in modo generico 2.
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La generalizzazione avviene tramite una sorta di catena
percezione parola -> percezione -> p ecc. (ossia analisi -> sintesi -> analisi -> sintesi
ecc.) tramite la quale nuove percezioni inducono a formulare nuove parole
per descriverle e ciò spinge a catalogare le percezioni affinché sia
possibile, con un numero di parole finito, esprimere percezioni infinite,
dato che non esistono due percezioni identiche. La parola diviene un mezzo
per la formazione dei concetti 3.
Vygotskij ha studiato tale procedimento nell'adolescenza, ma
in sostanza tale catena di analisi e sintesi e di aggiustamento del senso
attribuito alle parole seguito e preceduto da visioni inedite della realtà
non ha mai fine. Quando leggiamo, non facciamo che alimentare tale
spirale, e questo lascia capire facilmente perché due letture, anche se
realizzate in tempi diversi dalla stessa persona sul medesimo testo, non
sono mai identiche, come vedremo meglio nelle unità dedicate al rapporto
tra lettura e interpretazione.
Anche per quanto riguarda la formazione dei concetti vale una
distinzione fatta nella prima parte a proposito dell'autocoscienza
linguistica. Perché un individuo sia in grado di elaborare concetti, è
necessario che sia consapevole di ciò che conosce.
[...] la coscienza e il controllo compaiono solo in una fase
tarda dello sviluppo di una funzione, dopo che è stata usata e
praticata in modo aconscio e spontaneo [...] Usiamo il termine
«aconscio» per distinguere ciò che non è ancora conscio
dall'«inconscio» freudiano che è conseguenza della rimozione,
che è uno sviluppo tardo, l'effetto di una differenziazione
relativamente alta della coscienza 4.
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Un bambino che impara il nesso tra la parola «mela» e
l'insieme dei frutti identificabili con quella parola, oppure un
frutto appartenente a questo insieme, sa «cos'è una mela», ma non sa di
sapere cos'è una mela: non ha capacità d'astrazione, e quindi nemmeno di
concettualizzazione. In altre parole, si passa dai «concetti spontanei»
descritti da Piaget 5.
La differenza tra l'apprendimento dei concetti spontanei,
come per esempio «mela», e quello dei concetti astratti, come per esempio
«sfruttamento», sta nel fatto che
[...] i concetti spontanei del bambino si sviluppano dal
basso verso l'alto, dalle proprietà più elementari e
inferiori a quelle superiori, mentre i concetti
scientifici si sviluppano dall'alto verso il basso [...].
La prima comparsa di un concetto spontaneo è di solito
legata a un incontro diretto del bambino con questa o
quella cosa, con cose che, in verità, gli sono nel
contempo spiegate dagli adulti, ma che sono comunque cose
reali, vive. [...] La nascita del concetto scientifico, al
contrario, comincia [...] attraverso la relazione mediata 6
con l'oggetto 7.
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A riprova dell'affinità tra questa autocoscienza
"concettuale" e l'autocoscienza linguistica di cui si parlava nella
prima parte di questo corso, c'è l'affermazione di Vygotskij secondo cui
L'influenza dei concetti scientifici sullo sviluppo
mentale del bambino è analoga all'effetto
dell'apprendimento di una lingua straniera, processo che
è conscio e deliberato dall'inizio. Nella propria lingua
materna, gli aspetti primitivi del discorso vengono
acquisiti prima di quelli più complessi. Questi ultimi
presuppongono una certa consapevolezza delle forme
fonetiche, grammaticali e sintattiche. Con una lingua
straniera, le forme superiori si sviluppano prima della
parlata spontanea, scorrevole 8.
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In termini di lettura, ciò significa che un individuo è
in grado di affrontare testi contenenti significati concreti fino a una
certa età, individuabile approssimativamente intorno al periodo
preadolescenziale, poi acquisisce la consapevolezza di conoscere e impara
a leggere testi che espongono anche significati astratti. Man mano che lo
sviluppo intellettuale procede, le capacità d'astrazione si fanno sempre
più raffinate. E i significati, tanto astratti che concreti, hanno una
loro evoluzione.
Nella prossima unità continueremo il nostro percorso tra
parola, pensiero, significato e lettura, per vedere che conseguenze ha
questa evoluzione sulla lettura e sulla traduzione.
Riferimenti Bibliografici
CALVINO I. Se una notte d'inverno un viaggiatore, Torino, Einaudi, 1979.
VYGOTSKIJ L.S. Pensiero e linguaggio. Ricerche psicologiche. A cura di
Luciano Mecacci. Bari, Laterza, 1990. ISBN 88-420-3588-2. Prima edizione: Myshlenie I rech´.
Psihologicheskie issledovanija. Moskvà-Leningrad, Gosu-darstvennoe
social´no-èkonomicheskoe izdatel´stvo, 1934.
LOSTIA M. Modelli della mente, modelli della persona. Le due anime della psicologia, Firenze, Giunti, 1994. ISBN 88-09-20556-1.
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