«Figlio mio, tu giochi e tuo padre è morto! Tu giochi, giochi, e tuo padre è morto! Tuo padre è morto! Tuo padre è morto! Tu giochi e tuo padre è morto!»1.
In matematica esiste una teoria, detta «teoria dei giochi», che rientra in quella disciplina perché prevede la formalizzazione dei passaggi logici che avvengono durante il gioco. A seconda che i giochi prevedano determinati tipi di informazione (perfetta/imperfetta, completa/incompleta) sono classificati dal punto di vista logico.
Fino al 1966 a nessuno era venuto in mente che questo ramo della matematica e della logica potesse avere qualcosa a che vedere con la scienza della traduzione. Del resto, tradizionalmente la traduzione, in quanto considerata sottoinsieme della linguistica, era annoverata tra le discipline umanistiche, che spesso purtroppo tendono ancora oggi a essere un po’ troppo rigidamente divise da quelle cosiddette "scientifiche". A ben vedere, tra una disciplina "umanistica" come la traduttologia e una "scientifica" come la medicina non è detto che si possa stabilire con facilità che una abbia un grado di scientificità maggiore dell’altra.
L’11 ottobre 1966, in occasione del settantesimo compleanno di Roman Jakobson, molti colleghi di tutto il mondo hanno dato un contributo in suo onore: quello di Jiří Levý è stato un articolo intitolato proprio Translation as a decision process.
La traduzione è considerata un insieme di mosse in un gioco, ossia situazioni consecutive che costringono il traduttore a scegliere tra un certo numero, solitamente ben definibile, di alternative. Considerando, per esempio, la scelta del traducente di una singola parola del prototesto, il traduttore presumibilmente passa in rassegna i traducenti possibili prima di decidere per quale soluzione propendere.
Levý fa l’esempio di una traduzione dal tedesco all’inglese, quella del titolo del dramma di Bertold Brecht Der gute Mensch von Sezuan. Il traduttore si figura due possibilità:
Der gute Mensch von Sezuan |
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/ \ |
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The Good Man of Sechuan |
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The Good Woman of Sechuan |
Per illustrare passo passo l’insieme dei processi decisionali impliciti in questo processo traduttivo, Levý lo suddivide nelle seguenti componenti:
situazione:
in inglese non esiste una parola che corrisponda con precisione alla parola tedesca «Mensch»; «person» corrisponde in parte, ma appartiene a un altro registro stilistico; due parole inglesi hanno un campo semantico che, nell’insieme, copre all’incirca il campo semantico di «Mensch»: sono man e woman;
istruzione 1:
si tratta di definire la classe delle alternative possibili: nel caso preso come esempio, trovare una parola inglese che denoti la classe di esseri che scientificamente passa sotto il nome di homo sapiens;
paradigma:
questa componente ci rimanda immediatamente proprio a Jakobson e al (lezione 11 della parte 1) discorso su emisfero destro ed emisfero sinistro, asse sintagmatico e asse paradigmatico; in questo caso il paradigma è l’insieme delle parole che, una in alternativa all’altra, possono o meglio debbono essere usate come traducenti di Mensch. Levý individua due traducenti possibili: man, woman;
istruzione 2:
questa fase serve a guidare la scelta tra le alternative; la scelta, sempre legata al contesto e al co-testo, dipende in questo caso dall’intero testo del dramma di Brecht; le due possibilità alternative non sono equivalenti tra loro, né equivalenti alla parola da tradurre; ciò non significa, però, che la scelta sia o possa essere casuale: è sempre dettata dal contesto.
Quest’ultima operazione è quella che mette in crisi i sistemi esperto che sono stati creati per dare l’illusione di avere a disposizione macchine per tradurre: le macchine non sono capaci di fare considerazioni basate sul contesto, sia perché occorrerebbe creare banche dati "contestuali" all’interno delle quali far scegliere la soluzione più adatta, e sarebbe un lavoro colossale, sia perché la sintesi logica tra una parola e il suo contesto è difficile da definire in termini formali. Levý dice:
l’interprete deve scegliere tra una classe di significati possibili della parola o del motivo, tra concezioni diverse di un personaggio, dello stile o della concezione filosofica dell’autore. La scelta è più limitata ("più facile") se il numero di alternative possibili è ridotto, o se è ristretto dal contesto (Levý 1967: 1172).
Quello che Levý mette a questo punto in rilievo è quanto una decisione sia concatenata a tutte quelle successive, e precluda una volta per tutte una serie di potenziali decisioni successive. Una volta che il traduttore, nell’esempio, sceglie man oppure woman, ciò predetermina alcune conseguenze di tipo grammaticale (le forme legate al genere, per esempio) e questioni interpretative riguardanti la concezione poetica dell’intera opera.
Per questi motivi, dal punto di vista della teoria matematica dei giochi, la traduzione è un gioco a informazione completa: «ogni mossa successiva è influenzata dalla conoscenza delle decisioni precedenti e dalla situazione che ne è derivata». Per fare qualche esempio più concreto, la traduzione assomiglia a una partita a scacchi, non a una partita a carte. Nello schema seguente, che riporto direttamente dall’articolo,
si vede in forma grafica quello che succede mediante i processi decisionali in traduzione. Il punto da cui si diramano la linea continua e quella tratteggiata corrisponde al momento di una decisione o scelta traduttiva. Le linee continue rappresentano le scelte rimaste possibili dopo la prima, mentre le linee tratteggiate rappresentano le scelte successive che ormai, dopo la scelta effettuata, non saranno più possibili.
La rappresentazione schematica prevede sempre scelte tra due possibilità, ma nella realtà della traduzione le scelte non sempre sono di tipo binario, molto spesso sono tra un numero molto elevato di alternative. Una rappresentazione grafica del procedimento con molte alternative sarebbe estremamente complessa.
Una delle possibilità consisterebbe – almeno in teoria: in pratica mi sembra molto complicato da concepire – nel tenere conto di tutte le decisioni derivanti da una certa scelta, e quindi, basandosi sulla poetica del testo da tradurre, cercare di stabilire un ordine gerarchico degli elementi per importanza, ossia una sorta di gerarchia di dominante e sottodominanti. Ognuna delle scelte e delle decisioni che ne derivano dà luogo a una "partita" diversa, che nel campo traduttivo si chiama «versione».
Levý vede il processo traduttivo come il susseguirsi di istruzioni definizionali e istruzioni selettive. L’istruzione definizionale produce un paradigma di scelte possibili, quella selettiva comporta la scelta all’interno del paradigma.
istruzione definizionale |
/ \ |
istruzione selettiva |
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istruzione selettiva |
istruzione definizionale |
istruzione definizionale |
istruzione selettiva |
istruzione selettiva |
istruzione selettiva |
istruzione selettiva |
L’esempio portato in questo caso è la traduzione in inglese della parola tedesca Bursche. Il sistema delle istruzioni è il seguente:
young man |
/ \ |
young man standard |
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young man substandard |
/ \ |
/ \ |
young man aulico |
young man letterario |
young man volgare |
young man colloquiale |
Il corrispondente sistema dei paradigmi è invece il seguente:
boy, fellow, lad, youngster, chap, guy, larh |
/ \ |
boy, fellow, youngster, lad |
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chap, guy, lark |
/ \ |
/ \ |
youngster, lad |
boy, fellow |
lark |
chap, guy |
Nella prossima unità vedremo quali sono le ricadute di tale sistema sulla scelta traduttiva.
Riferimenti Bibliografici
CANETTI ELIAS Die gerettete Zunge. - Die Fackel im Ohr. - Das Augenspiel, München, Carl Hanser Verlag, 1995, ISBN 3-446-18062-1.
CANETTI ELIAS La lingua salvata. Storia di una giovinezza, traduzione di Amina Pandolfi e Renata Colorni, Milano, Adelphi, 1980, ISBN 88-459-0417-2.
LEVÝ JIŘÍ, Translation as a decision process, in To Honor Roman Jakobson. Essays on the occasion of his seventieth birthday, Den Haag - Paris, Mouton, 1967, vol. 2, p. 1171-1182.
1 Canetti 1980: 81.
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