4. Affettività e apprendimento
IN RETE
(in inglese)
Bruno Bettelheim
François Truffaut
Questo non significa che fino al momento in cui riesce a produrre un suono che stia in una relazione di significazione affettiva con un oggetto o con una situazione l'infante non sia capace di pensare a quell'oggetto o situazione.
«[...] il pensiero ha un'estensione più vasta del linguaggio verbale e può interpretarsi funzionalmente come una condotta di coordinamento delle azioni in vista del raggiungimento di un fine che sia anticipato come possibile» 1.
Esiste, in altre parole, un pensiero subverbale, che precede il linguaggio verbale e che è più ricco di quest'ultimo: l'espressione verbale di un pensiero è sempre, nell'infante come nell'adulto, un tentativo di sintesi, che necessariamente si lascia dietro un residuo di non detto.
Alcuni studi fatti su bambini autistici, che quindi sono isolati dal resto del mondo, non avendo sviluppato la funzione comunicativa, hanno mostrato una correlazione tra l'assenza (fisica o psicologica) di una figura costante di accudimento nei primi determinanti mesi di vita e lo sviluppo dell'autismo. La capacità di comunicazione si sviluppa principalmente nell'àmbito della relazione che per comodità chiameremo madre-figlio, ancorché non sia necessariamente la madre a svolgerla ma possano essere in sua vece anche figure surrogate 2.
È sempre più probabile che l'autismo possa essere causato da una varietà di problemi. Ci sono per esempio indicazioni di un'influenza genetica. Vi sono anche indicazioni che all'origine dell'autismo possa stare un virus. C'è maggior rischio di avere un figlio autistico dopo l'esposizione alla rosolia durante il primo trimestre di gravidanza. Anche il Citomegalovirus e l'inquinamento ambientale potrebbero essere cause dell'autismo.
Cfr Edelson, S. M.,Panoramica sull'Autismo. http://www.autism.org
Man mano che gli interessi del bambino si evolvono e valicano i confini dell'immissione/espulsione di cibo/feci, si estendono anche le sue capacità di pensiero e di comunicazione. Che le parole vengano apprese in una situazione di gioco o di socializzazione di altro genere, lo stimolo proveniente dal mondo esterno è comunque fondamentale per suscitare la situazione affettiva alla quale si lega un suono, in una prima corrispondenza approssimativa suono-senso, significante-significato.
A questo punto l'infante cerca di riprodurre con il proprio corpo, con l'apparato fonatorio, il suono di cui ha intuito il collegamento e, quando vi riesce, capisce che tale emissione produce nel mondo esterno conseguenze prevedibili: pone le basi per una efficace comunicazione verbale.
In una situazione di questo tipo l'apprendimento linguistico avviene in modo "spontaneo", e non volontario, non per decisione razionale. Da questo dato di fatto si possono trarre due prime conclusioni:
l'apprendimento della lingua madre (o delle lingue madri) avviene in modo inconsapevole, al di fuori del controllo razionale;
tutto ciò che viene appreso è legato a una relazione affettiva di significazione tra il bambino e l'oggetto o la persona o l'azione designata dalla parola o locuzione appresa.
Nelle fasi successive di evoluzione del bambino, quando viene acquisita la capacità di ragionare su concetti astratti, in modo analogo tali concetti vengono acquisiti a misura che l'ambiente esterno è ricco di stimoli di tipo intellettuale ma anche di tipo affettivo. In assenza di tali stimoli e di figure da imitare o con cui mantenersi in relazione, l'abilità linguistica non si sviluppa affatto. Lo si vede in modo esemplare nell'episodio realmente accaduto nel 1793 e descritto da Truffaut nel film Ragazzo selvaggio 3.
Ciò non significa, come abbiamo detto, che un individuo privo della capacità di espressione verbale sia necessariamente menomato nella capacità di elaborazione mentale. «L'elaborazione mentale di giudizi che il bambino non sa ancora esprimere verbalmente, ma che egli condensa in valutazioni e in schemi immaginativi dinamici ritrovabili nella futura testimonianza degli adulti, è dimostrata da una raccolta di centinaia di protocolli di adulti evocanti esperienze infantili sincretiche di bello o di brutto [...]» 4.
I ricordi che un adulto ha della propria vita infantile sono variabili da individuo a individuo, ma, generalmente, più si va a ritroso nel tempo e minore è la quantità di ricordi. L'adulto ha dunque acquisito una lingua madre (o più raramente due), la usa nel parlato e nello scritto in modo automatico, così come si serve di altri automatismi, come per esempio per camminare, per mangiare, per pedalare, per guidare. Il fatto di svolgere una di queste azioni non implica assolutamente che il soggetto debba riconoscere dentro di sé il momento o la situazione in cui ha appreso a svolgerle; anzi, in molti casi tali ricordi sono stati cancellati dal tempo, e ci si ritrova a svolgere un'azione senza sapere da chi, come, quando la si è appresa.
Queste "dimenticanze" hanno a che fare con un sistema di funzionamento della mente improntato all'economia: pensiamo a quale fatica ci toccherebbe se dovessimo, ogni volta che mettiamo in bocca un pezzo di cibo, riflettere sui singoli movimenti necessari per masticarlo e inghiottirlo. Se mentre stiamo pedalando ci interroghiamo sui movimenti che compiamo per mantenere l'equilibrio e cerchiamo di averne consapevolezza nel momento in cui li compiamo, la rottura dell'automatismo causata dal suo smascheramento può avere conseguenze deleterie, determinando anche la perdita dell'equilibro raggiunto "in automatico".
Analogamente, quando parliamo o scriviamo, lo facciamo in modo automatico, spontaneo, fino al momento in cui qualche esperienza non ci costringe a interrogarci su ciò che sappiamo, su come lo sappiamo, sull'opportunità di parlare o scrivere in un certo modo.
L'influenza tra linguaggio verbale e linguaggio subverbale non è però univoca, ma reciproca. «Il linguaggio verbale interpreta e integra il linguaggio subverbale, e serve nello stesso tempo a un'interpretazione più mediata e articolata della realtà e a una regolazione più precisa e più forte della conoscenza e dell'azione volontaria» 5. In altre parole, il linguaggio verbale serve da struttura logica nella quale i pensieri, le immagini, le emozioni non verbali riescono a essere organizzati.
Dato che questo livello di evoluzione normalmente si raggiunge nel secondo anno di vita, e che i nostri ricordi del secondo anno di vita sono molto scarsi o addirittura nulli, è evidente che per un individuo che da adulto non pratichi alcuna professione che comporta l'uso della lingua (e dunque un pensiero metalinguistico) tutti questi meccanismi sono e restano inconsci.
I bambini, man mano che crescono, usano sempre meno un comportamento espressivo subverbale e si affidano sempre più alla parola. A riprova dell'intelligibilità del comportamento subverbale ci sono le famiglie nelle quali un fratello più grande è in grado di tradurre segni, versi e movimenti del fratello minore: «Nel rapporto di gruppo di bambini appartenenti alla stessa famiglia, è frequente l'interpretazione rapida e la traduzione in termini verbali intelligibili del comportamento subverbale di comunicazione dei fratellini più giovani o dei loro modi, sovente incomprensibili, di verbalizzazione, che mostrano la gradualità del passaggio da un tipo all'altro di comunicazione. [...] il gergo infantile [...] può essere tradotto» 6.
Quest'ultima frase che introduce il discorso dell'interpretazione e della traduzione assumerà nuovi significati nelle parti successive del corso. Per il momento ci siamo occupati delle radici inconsce della consapevolezza della lingua madre. Nelle prossime unità affronteremo la questione dell'autocoscienza linguistica e delle lingue apprese.
Bibliografia
Bettelheim, B. Love is not enough; the treatment of emotionally
disturbed children. Glencoe, Ill., Free Press, 1950, ix, 386 p. illus. 22 cm.
Bettelheim, B. The empty fortress; infantile autism and the birth of the self. New York, Free Press, 1967 xiv, 484 p. illus. 24 cm.
Massucco Costa, A. - Fonzi, A. Psicologia del linguaggio,
Torino, Boringhieri, 1967.
Truffaut, F. Ragazzo selvaggio [L'enfant sauvage], Francia, 1969.
1 Massucco Costa e Fonzi, pp. 13.
2 Bettelheim 1950, 1967.
3 Truffaut 1969.
4 Massucco Costa e Fonzi, pp. 32.
5 Massucco Costa e Fonzi, pp. 36.
6 Massucco Costa e Fonzi, pp. 39.