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32. L'analisi del contenuto

«[...] la voce silenziosa che le parla attraverso i libri,
questo fantasma dai mille volti e senza volto, tanto
più sfuggente in quanto per Ludmilla gli autori non
s'incarnano mai in individui in carne e ossa,
esistono per lei solo nelle pagine pubblicate [...]»1

Dopo avere esaminato i fattori extratestuali dell'analisi, passiamo agli elementi interni al testo, e in particolare al contenuto. L'aspetto che vorremmo sottolineare tra quelli evidenziati da Nord è la dialettica tra competenza culturale del traduttore lettore impegnato nell'analisi traduttologica e competenza linguistica. Riportiamo la barzelletta usata da Nord come esempio:

Meisl viene a Vienna per affari per la prima volta in vita sua, e alla sera vuole andare a vedere una commedia al famoso Burg Theater. Quindi chiede alla signora dell'ufficio prenotazioni: «Cosa danno stasera?» E lei risponde: «La dodicesima notte o quello che volete». «Ah beh» dice Meisl «Preferirei Il Danubio blu»2.

Nel caso specifico, il ricevente ha una competenza linguistica sufficiente, ma non abbastanza competenza culturale per capire che «La dodicesima notte o quello che volete» è il titolo di una commedia di Shakespeare (nota in Italia anche con il titolo La notte dell'Epifania).
Un altro possibile scoglio alla traduzione consiste nelle nozioni date per scontate negli enunciati del testo. La principale difficoltà nell'analisi sta nell'individuazione di tali nozioni implicite, poiché a volte per il traduttore tali sottintesi sono ovvi, anche se non necessariamente lo sono anche per il lettore modello del metatesto, a cui il traduttore si rivolge. Nord consiglia di procedere in prima battuta a una parafrasi semplificante, dalla quale solitamente risulta evidente quali elementi sono omessi. Tale parafrasi, lungi dal fungere da prima traduzione, avrebbe il solo scopo di individuare elementi impliciti.
La tecnica traduttiva di Nord fa ampiamente ricorso alla compensazione. Questo procedimento prevede che, qualora non sia possibile o comodo tradurre un elemento del prototesto, il residuo sia compensato esprimendo lo stesso concetto in altra parte del testo. Secondo i fautori della compensazione, esiste la possibilità di stabilire con una certa precisione che cosa esprime un certo elemento testuale, e lo scopo del processo traduttivo consiste nel consegnare al lettore del metatesto un testo che costituisca una sorta di "somma algebrica" dei significati dell'originale.
Partendo da questo presupposto, Nord illustra il problema dell'ambientazione di un testo di Cortázar, ambientazione che non viene esplicitata. Sulla base di tale descrizione, è possibile stabilire se l'ambientazione della storia è in un contesto di routine, di lusso, e in generale in quale contesto culturale si trova. Il proponimento è di capire meglio il registro in cui esprimere la frase «tomamos café con leche»: «we drink our morning coffee» in caso di registro neutro, «we have our cof-fee with milk» in caso di estraneità non meglio specificata, «we have café au lait» in caso di ambientazione in Francia, e «we have our ham and eggs» in caso di adattamento della traduzione alla cultura del lettore del metatesto, in questo caso britannico.
Anche ammesso di essere in grado di cogliere dalla descrizione il tipo di contesto culturale, non ci sembra il caso di accentuare le intenzioni dell'autore insistendo in quella direzione anche in altre parti del testo non marcate in quel senso. Gli esempi riportati possono però essere interessanti per il discorso, che approfondiremo nella terza parte del corso, sull'impostazione analitica (adeguata) o sintetica (accettabile) di un testo, e sui vari modi in cui un testo può essere considerato «accettabile».
Per quanto riguarda i fenomeni e gli oggetti tipici della cultura (realia) a cui appartiene il prototesto, Nord riporta un esempio molto interessante di Balcerzan, che ha tradotto Neruda in polacco:

Quand Neruda écrit: "las mariposas de Muzo", il faut préciser "les bleus papillons Muzo"; lorsqu'il écrit: "jacarandá", il faut ajouter "arbre violet de jacarandá". Car pour le poète qui voit tous les jours (donc connaît par l'examen immédiat du monde réel) le bleu éclatant et l'arbre de "jacarandá" couvert de fleurs violettes, cette couleur est renfermée dans le nom même; nous, nous devons l'expliquer à notre lecteur3.

L'impostazione didascalica esplicitativa di Balcerzan è adatta, più che per una traduzione, per una guida alla lettura di Neruda. Difficilmente il lettore polacco della versione di Balcerzan potrà rendersi conto degli aspetti formali delle poesie di Neruda, ma gli saranno chiari i riferimenti reali (in questo caso naturali). D'altra parte, è molto frequente che il traduttore si assuma una responsabilità di mediazione molto superiore a quella che gli viene richiesta dalla cultura.
Se il lettore incontra la jacarandá e non sa di cosa si tratta, ha innanzitutto il suono della parola - dato non secondario in una poesia - e, se vuole risalire alla contestualizzazione oggettiva, lo può fare in margine alla lettura della poesia. Viceversa, il lettore che incontra la spiegazione, si perde il gusto di ciò che è volutamente scritto tra le righe, e non lo può più recuperare.
Tra i presupposti culturali di un testo Nord individua varie categorie possibili: biografia dell'autore, teorie estetiche, generi letterari, ideologia, religione, filosofia, mitologia, condizioni sociopolitiche, istruzione4. Ed è spesso evidente che la traduzione o l'esplicitazione di questi realia, sebbene con l'intenzione di facilitare la comunicazione, produce malintesi. Facciamo un esempio:

I Colombo mangiano kashèr.

La traduzione esplicitante di questa frase potrebbe essere:

I Colombo mangiano soltanto cibi adatti/consentiti.

Nel primo caso, il lettore che non conosca la parola «kasher» la può cercare nel dizionario (è presente nel normale dizionario d'italiano), dopodiché gli è chiaro che siamo nell'àmbito di una norma religiosa ebraica. Nel secondo caso, la contestualizzazione è più difficile, e qualcuno potrebbe erroneamente essere indotto a pensare che, secondo il punto di vista dell'autore, si debbano considerare inadatti tutti i cibi non kashèr, quando invece si trattava di una semplice constatazione neutra.
La differenza culturale tra prototesto e metatesto può anche creare problemi di ridondanza semantica (la ridondanza linguistica non c'entra, è quel fenomeno per cui, per esempio, in francese la frase «je ne sais pas» contiene una doppia negazione, che però è conforme alle norme grammaticali). Se per esempio un testo in inglese riporta la frase «Bevve un bicchiere di Lambrusco, un vino rosso leggero frizzante», la sua traduzione linguistica italiana risulta ridondante, poiché si suppone che il lettore modello italiano sappia cos'è il Lambrusco. Così come può darsi l'ipotesi opposta:
Tutte le mattine si faceva il bagno nel Bordeaux.
Tradotto in una cultura dove non si conosce il vino francese, questa frase potrebbe risultare poco informativa. La comunicazione deve sempre trovare un equilibrio tra ridondanza e informatività e, secondo alcuni studiosi, tra cui Nord, il traduttore deve farsi carico di questo problema e intervenire generalizzando o specificando affermazioni in funzione della differenza culturale. In questa fase del corso ci basta puntualizzare la presenza della questione, che affronteremo più compiutamente nella terza parte, dedicata alla produzione del testo.

  

Riferimenti Bibliografici

CALVINO I. Se una notte d'inverno un viaggiatore, Torino, Einaudi, 1979.

NORD C. Text Analysis in Translation. Theory, Methodology, and Didactic Application of a Model for Translation-Oriented Text Analysis, traduzione dal tedesco di C. Nord e P. Sparrow, Amsterdam, Rodopi, 1991, ISBN 90-5183-311-3.


1 Calvino 1979, p. 159.
2 Nord 1991, p. 88.
3 Nord 1991, p. 96
4 Nord 1991, p. 97.