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40 - La traduzione dei nomi propri di cosa e di persona

«Ahora que voy a parar y a no contar más durante algún tiempo, me acuerdo de lo que dije hace mucho»1.

"I'm going to stop now and say no more for a while; I remember what I said long ago"2.

Un altro aspetto che conferisce a un testo una connotazione locale è quello dei nomi propri, sia riferiti a persone, sia riferiti a cose. In apparenza la traduzione dei nomi propri di persona è un non problema, poiché, a un primo sguardo, si direbbe un fenomeno che appartiene al passato, quando, per esempio, tutti i nomi degli scrittori venivano adattati alla lingua e alla cultura ricevente: Carlo Dickens, Leone Tolstoi, Gustavo Flaubert, Volfango Amedeo Mozart ecc.

In realtà tale pratica è ancora parzialmente in uso. Per esempio, lo scrittore Tolstoj è noto, nella cultura angloamericana, come «Leo», che non è la traduzione dell'originale Lev, che significa «leone», ma ne è la versione onomastica, ossia è il nome proprio inglese derivante dalla stessa radice latina leo leonis.

Fenomeno analogo si riscontra nella grafia occidentale di alcuni nomi originariamente appartenenti ad alfabeti non latini. Il nome russo «Dmitrij» in alcuni casi viene tradotto come «Demetrio», in altri viene adattato alla pronuncia locale, e allora diventa, per esempio, in italiano «Dimitri» (per gli italiani è faticoso pronunciare due suoni consonantici come «dm» in successione, perciò la i interconsonantica è una concessione in tal senso). Analogamente, il nome «Vasilij» è facilmente pronunciato, sia in italiano che in inglese che in francese, con un involontario raddoppiamento della «s», e tale raddoppiamento si riflette anche nella grafia spesso adottata specialmente dalle edizioni non scientifiche: Vassili. Da questo punto di vista, l'atteggiamento è favorevole all'adattamento, alla comodità, a scapito della correttezza filologica.

Discorso simile si può fare per la traslitterazione o trascrizione dell'ebraico. Molte parole di uso comune anche in ambiente extraebraico hanno, in caratteri latini, consonanti doppie che in ebraico non esistono. Ecco alcuni esempi tratti da un dizionario di italiano:

grafia corrente grafia senza raddoppiamento consonantico
azzimo azimo
cabbala cabala
hanukkà hanukà
harosset haroset
hassid hasid
kippur kipur
pessah pesah
sadduceo saduceo
shabbat shabat
talled taled
yiddish yidish

Ma nemmeno in questo atteggiamento generale di compromesso a favore della pronunciabilità e a svantaggio della filologia c'è coerenza. Perché in altri casi si assiste invece a uno scrupolo filologico eccessivo se confrontato ad altri lassismi. Per esempio, tutti conosciamo il romanzo Anna Karenina, ma forse non tutti sappiamo che il cognome della protagonista, in qualsiasi lingua occidentale, sarebbe «Karenin», ossia uguale a quello del marito. In francese, tedesco, italiano, spagnolo, inglese, dove i cognomi non si declinano per genere, il titolo del romanzo ispirato agli stessi criteri di accettabilità, e non di adeguatezza, potrebbe legittimamente essere Anna Karenin.

Pur essendo una disciplina descrittiva e non prescrittiva, la scienza della traduzione impone però una coerenza interna alle scelte traduttive fatte in un testo (o in una serie di testi). Sarebbe perciò auspicabile che si propendesse o per una o per l'altra linea di tendenza.

Veniamo ai nomi propri di cosa. Spesso questa categoria si concretizza in:

nomi di enti

nomi di cinema, teatri

nomi di vie

Fatta eccezione per gli enti internazionali che hanno una variante in più lingue (per esempio Unione Europea, Union Européenne, European Union, Europäische Union ecc.), la traduzione del nome proprio di un ente può creare confusione. Per esempio, può essere pericoloso tradurre i nomi delle università che al loro interno contengono un toponimo (University of California, Washington University, Università degli Studi di Milano, Moskovskij gosudarstvennyj universitet) perché in certi casi il toponimo si riferisce al luogo in cui sorge l'università, in altri è un semplice appellativo. Tradurre per esempio «Milan University» ingenererebbe confusione, poiché a Milano esistono più di dieci università che, tradotte, più o meno potrebbero rientrare in questa traduzione inglese. Stesso discorso vale per la University of California, che se tradotta alla lettera, darebbe l'idea (falsa) che in California esista una sola università. Tradurre «Washington University» come «Università di Washington» sarebbe invece semplicemente un errore: tale università non è a Washington ma nel Missouri.

Ci sono poi casi particolari in cui una traduzione sarebbe davvero comica. Dato che alcuni cognomi hanno un significato anche al di là del fatto di essere cognomi, come nomi comuni, si potrebbe verificare il paradosso di una traduzione della milanese «Università Bocconi» come «Bite University», o «Mouthful University», poiché «boccone» in italiano sta anche per la quantità di cibo contenuta in bocca. È quanto è in effetti accaduto durante la traduzione inglese delle biografie dei ministri italiani entrati in carica nel 2001, nel sito ufficiale del governo.

Un aspetto importante che riguarda i realia in generale e anche i nomi propri, valido per tutti i traduttori di tutte le combinazioni linguistiche, è il seguente: se si incontra un elemento di realia o un nome proprio, la prima domanda da farsi è in quale cultura, in quale lingua abbia origine. A questo punto, una volta chiarito questo, la scelta è tra:

  1. traslitterare o trascrivere la grafia originaria
  2. tradurre o adattare la grafia originaria
  3. quello che invece non è ammissibile è:

  4. *trascrivere o adattare la grafia non originaria, ma appartenente alla lingua/cultura nella quale il testo era incidentalmente scritto.

Porto come esempio di questa terza opzione indesiderabile il romanzo Gorky Park, di Martin Cruz Smith, che è stato pubblicato in italiano con lo stesso titolo inglese nella traduzione di Pier Francesco Paolini (che, presumibilmente, non ha avuto un ruolo di primo piano nella scelta del titolo, poiché di solito questo viene deciso più dai responsabili del marketing di un editore che dai traduttori).

Il romanzo statunitense è ambientato in un parco di divertimenti di Mosca, che in russo si chiama «Park imeni Gor´kogo». Perciò, legittimamente, Martin Cruz Smith l'ha intitolato secondo la versione inglese del nome, traducendo il nome russo: Gorky Park.

L'editore italiano aveva la possibilità di:

  1. traslitterare o trascrivere la grafia originaria («Park imeni Gor´kogo»)
  2. tradurre o adattare la grafia originaria («Parco Gor´kij»
  3. e invece ha optato per quella che considero l'opzione inammissibile:

  4. *trascrivere o adattare la grafia non originaria, ma appartenente alla lingua/cultura nella quale il testo era incidentalmente scritto: e così il testo è stato tradotto Gorky Park, come se a New York o in un'altra città statunitense esistesse un parco intitolato allo scrittore russo.

È piuttosto evidente che, in questo modo, si crea un falso, non dal punto di vista letterario, ma dell'ambientazione letteraria. Si dà ai lettori (in questo caso italiani) l'illusione che esista in qualche parte del mondo un «Gorky Park», o, forse, che il romanzo thriller sia ambientato fuori dalla Russia.

L'editore francese ha creato un falso ancora più complesso: in Francia il romanzo è noto come Gorki Parc ossia conservando la sintassi inglese in cui il primo nome è modificatore del secondo, ma traducendo «Park» con «Parc», e quindi creando un ibrido in cui:

la sintassi è inglese

la lingua presunta è il francese

il nome proprio è in origine russo (ma vallo a indovinare!)

I danesi lo hanno chiamato «Gorkij Park», adattando la grafia del nome dello scrittore russo, e lasciando però l'illusione che il parco abbia questo nome (in danese o in russo).

Una scelta del tutto legittima hanno invece fatto gli editori finlandesi, che l'hanno pubblicato come Gorkin puisto, ossia traducendo il titolo in finlandese.

 

La terza tranche di 40 unità di questo corso si conclude qui, non avendo esaurito gli argomenti previsti per la terza parte. Data la quantità degli argomenti ancora da affrontare per quanto riguarda la produzione del testo tradotto, rimando il séguito alla quarta sezione, alle prossime 40 unità didattiche, che saranno dedicate ancora ad argomenti che concernono la produzione.

 

Riferimenti Bibliografici

MARÍAS J. Negra espalda del tiempo, Punto de lectura, 2000 (edizione originale 1998), ISBN 84-663-0007-7.

MARÍAS J. Dark Back of Time, New York, New Directions, 2001 (translated by Esther Allen), ISBN 0-8112-1466-4.


1 Marías 2000, p. 419.
2 Marías 2001, p. 336.