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30 - Parole ed emozioni

«Io vegliavo su di lei come lei su di me, e quando si è così vicini a una persona si acquista una sensibilità infallibile per tutte le emozioni che si accordano con il suo stato d'animo»1.

Il fenomeno dell'interpretazione soggettiva del senso delle parole - e quindi della resa soggettiva delle parole in traduzione - è generale e, come abbiamo visto, riguarda la natura intrinseca del processo di significazione. Il fatto che il segno (ivi compreso il segno linguistico) rimandi a un oggetto soltanto passando per un interpretante, o segno mentale, fa sì che l'esperienza soggettiva del traduttore, le emozioni che quell'individuo ha provato in relazione a quella parola e agli oggetti da essa evocati svolgano un ruolo determinante nel creare associazioni, sia con l'oggetto, sia con i possibili traducenti.

Qualcosa di molto simile intendeva Franco Fornari con la sua teoria dei coinemi. Fornari parlava di «unità di significazione affettiva» proprio perché, pur senza rifarsi apertamente a Peirce, considerava fondamentale il bagaglio esperienziale soggettivo nella determinazione del significato dei testi (dove per «testo», in senso semiotico, si intende qualsiasi oggetto, compresi - ma non esclusivamente - i testi verbali).

Se questo discorso vale in generale per un approccio semiotico alla traduzione, è interessante notare che anche studiosi con una concezione più classica e tradizionale, come Levickaja e Fiterman, dedicano un capitolo alla traduzione delle parole che hanno una forte carica emotiva. Un esempio che viene portato per spiegare i termini della questione è il seguente:

They were narrow, startling eyes that looked like jewels in this light

Aveva occhi stretti, singolari che con quella luce sembravano gioielli.

L'aggettivo «startling» è indubbiamente una parola che ha un significato emotivo. In altri contesti potrebbe tradursi come «stupefacente», «strabiliante», «insolito», ma anche «allarmante», come nel caso di «startling news», «notizie allarmanti». Tali esiti traduttivi sorgono il più delle volte dall'associazione con determinate parole, che in certi casi tende a diventare un fatto permanente. Si pensi per esempio all'aggettivo «nero» nelle seguenti associazioni:

malinconia nera

invidia nera

ingratitudine nera

e all'aggettivo «rosa» o «roseo» in quelle che seguono:

speranze rosee

occhiali rosa.

Da questi esempi si evince che non è importante soltanto la storia individuale dell'associazione di una determinata parola con precisi contesti affettivi riguardanti l'oggetto, il referente esterno a cui rimanda la parola; fondamentale è anche l'esperienza soggettiva dell'individuo con le parole, le abitudini associative. In altre parole, quelle che nella teoria freudiana sono associazioni libere, che permettono al terapeuta di risalire a ritroso alle concezioni del paziente, ai collegamenti emotivi, al rimosso, nella storia comune dell'espressione dei singoli parlanti e scriventi si manifesta sotto forma di idiosincrasie, preferenze, usi peculiari (idioletto), perciò nel caso di traduttori si può parlare di "idioletto traduttivo". Questo non va tuttavia inteso come una sorta di codice per cui, secondo il traduttore X, la parola A ha come esito in una data lingua sempre la parola A1; perché è il contesto e il co-testo emotivo in combinazione con la psiche del traduttore a determinare un certo esito.

Nel prossimo esempio (Levickaja e Fiterman 170) si nota la particolare coloritura che può assumere l'aggettivo stark in un contesto anomalo:

If professional conspirators and thugs are, by any large number of French Canadians, changed into martyrs and heroes, the outlook becomes stark indeed.

Se un numero significativo di canadesi di origine francese considera martiri ed eroi i cospiratori professionali e gli assassini, il futuro sarà cupo davvero.

In questo contesto l'aggettivo «stark» non ha il significato di «rigido», né ha valore rafforzativo, come nella combinazione «stark mad», che significa all'incirca «completamente pazzo». Fa piuttosto riferimento al sostantivo «starkness», «desolazione», «cupezza».

Levickaja e Fiterman fanno alcuni esempi di come l'aggettivo «fierce» può essere interpretato in modo diverso a seconda del contesto. In un esempio, lo si incontra così:

Her fierce glance became furious as she directed it from Renny's face to Ernest's.

Il suo sguardo feroce divenne furioso quando dalla faccia di Renny lo diresse a quella di Ernest.

Nell'esempio che segue il traducente non può che essere diverso:

There was no answer, only the tapping on the window, once more repeated, fierce and sharp.

Non ci fu risposta, solo i colpetti alla finestra, ripetuti ancora, forti e bruschi.

Nel prossimo esempio il senso è completamente diverso:

Near the pump she spied a bee's nest as larg as a man's hat, glimmering palely, a smooth sphere, a sleeping world of fierce activity.

Vicino alla pompa si accorse di un nido d'api grande come un cappello da uomo, che baluginava debolmente, una sfera liscia, un mondo dormiente di attività instancabile.

In questo esempio, tratto da Faulkner, è possibile attribuire a fierce un significato indicato dai dizionari come accezione tipica dello slang statunitense:

At night passers would see the fierce dead glare of the patent lamp...

Di notte i passanti vedevano la sgradevole luce morta della lampada elettrica.

Ci sono inoltre casi in cui l'aggettivo «fierce» ha il ruolo quasi avverbiale di rafforzativo, come per esempio «fierce black hair», «fierce red moustache», che possono essere facilmente interpretati come «capelli nerissimi», o «baffi rosso-carota».

Dovendo fare esempi condivisibili di un fenomeno prettamente soggettivo, questi casi di traducenti diversi dell'aggettivo inglese fierce possono considerarsi abbastanza adatti, ma naturalmente, in una lezione collettiva, non è possibile soffermarsi sui gusti, sulle preferenze e sulle evocazioni personali delle singole parole. E lo stesso accade quando si ha a che fare con un committente e sorgono discussione interpretative sul traducente di questa o quella parola.

Quando da entrambe le parti c'è la consapevolezza che il significato da attribuire alle parole dipende, in parte, dalla capacità di empatia con l'autore, dal fatto di riuscire a indovinare quale potesse essere lo stato d'animo dell'autore che ha scelto di usare quell'aggettivo anziché altri, di sapere anche filtrare i propri vissuti, le proprie esperienze, e separarle dalle proprie scelte traduttive, la discussione può essere interminabile, ma di certo anche utile e produttiva. In definitiva, proprio per la natura interminabile di tali discussioni interpretative, la conclusione si raggiunge di norma sulla base di quale è la parte che ha posizione predominante nei rapporti di forza.

Un problema più acuto si presenta quando il committente, o il traduttore, sono convinti che esista una relazione di collegamento inscindibile tra una parola e uno dei traducenti. In questi casi, il margine di discussione è pari quasi a zero. Tutte le interpretazioni che si discostino da quella considerata l'unica corretta sono inesorabilmente bollate come «sbagliate». Da questi scontri una delle parti non può che uscire frustrata, poiché la profondità della sua conoscenza della lingua e della traduzione si scontra con un muro di ignoranza, incomprensione e presunzione.

Riferimenti Bibliografici

CANETTI ELIAS Die gerettete Zunge. - Die Fackel im Ohr. - Das Augenspiel, München, Carl Hanser Verlag, 1995, ISBN 3-446-18062-1.

CANETTI ELIAS La lingua salvata. Storia di una giovinezza, traduzione di Amina Pandolfi e Renata Colorni, Milano, Adelphi, 1980, ISBN 88-459-0417-2.

FORNARI FRANCO Coinema e icona. Nuova proposta per la psicoanalisi dell'arte, Milano, Il saggiatore, 1979.

LEVICKAJA T. R., FITERMAN A. M. Problemy perevoda. Na materiale anglijskogo jazyka, Moskvà, Me¿dunarodnye otno¿enija, 1976.


1 Canetti 1980: 220.