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1 - Il computer per il traduttore

«Ebbene, è esattamente quello che facciamo quando riproduciamo un sogno dalla memoria dopo esserci svegliati, e indipendentemente dal fatto che riusciamo del tutto o in parte in questa ritraduzione, il sogno rimane comunque misterioso quanto prima»1.

In questa quinta e ultima parte del corso di traduzione Logos mi occuperò di due gruppi di argomenti. Il primo è di carattere eminentemente pratico, e concerne gli strumenti del traduttore: tutti i complementi che accompagnano il traduttore all’esterno, oltre alla propria competenza e professionalità: quali sono e come si usano. Il secondo ha a che vedere con una fase che a volte viene considerata al di là della traduzione, ma che a mio modo di vedere ne fa ancora parte: la ricezione e la critica della traduzione. La critica della traduzione è essenziale e ha a sua volta un effetto sulla produzione: sia perché è responsabile della scelta dei testi da tradurre (perciò è responsabile anche di ciò che non viene tradotto), sia perché i suoi criteri di valutazione rappresentano una sorta di meta ideale del traduttore: che il critico scriva una recensione, oppure che sia il committente stesso a fungere da critico, resta il fatto che da lui dipende se una traduzione viene accettata più o meno favorevolmente. Se dunque il traduttore ci tiene a restare sul mercato, è un elemento che gli deve necessariamente interessare.

Cominciamo dalla scelta del computer. Si tratta di uno strumento essenziale, che ha rivoluzionato il modo di lavorare del traduttore. I traduttori della mia generazione, a differenza di quelli più giovani, hanno vissuto personalmente il passaggio dalla macchina da scrivere al computer e sanno perfettamente che cosa ha comportato.

Dato che qualsiasi correzione prima del computer era complicatissima e laboriosa e andava fatta almeno su due, se non su tre copie, si cercava di ridurle al minimo, perciò l’elaborazione della frase intera avveniva il più possibile nella mente, e la stesura avveniva solo quando si riteneva di avere ideato un testo quasi definitivo. Con il computer si può lavorare in modo completamente diverso: la prima stesura può essere fatta di getto (se necessario), con una tecnica che permette di risalire al prototesto in qualsiasi momento, e la revisione in questo caso è molto cospicua e agisce quasi completamente sul metatesto, un po’ come l’elaborazione secondaria del materiale onirico secondo Freud.

Quando il computer va scelto, occorre tenere presente che non sempre i criteri dei venditori coincidono con quelli dei traduttori. I venditori di computer sono spesso appassionati di informatica, e tendono a considerare vantaggiose determinate qualità che non sono sempre essenziali anche per il lavoro del traduttore. Per esempio, la velocità del processore – elemento che può avere una certa influenza sul prezzo complessivo della macchina – non è essenziale per il traduttore. Il computer del traduttore deve svolgere pochi calcoli, diversamente da certe applicazioni come il CAD che invece, con un processore lento, producono colli di bottiglia a non finire.

Le dimensioni del disco fisso sono un altro dato non fondamentale per il traduttore. Tali dimensioni continuano ad aumentare (a parità di ingombro), perciò quasi sempre sul mercato si trova il disco fisso dell’ultima generazione che ha un costo magari doppio rispetto a quello di qualche mese o un anno prima. Io consiglierei in linea di massima al traduttore di scegliere quest’ultimo, dato che di norma un traduttore non ha da installare così tanti programmi, né da copiare così tanti dati da sentire l’esigenza di un disco particolarmente capiente.

Casomai può essere molto utile acquistarne due di dimensioni ridotte, in modo da utilizzare il secondo per fare la copia di riserva del primo, ogni giorno al momento di concludere il lavoro. È molto comodo, estremamente veloce, ed evita sia il fastidio dei dischetti sia il costo dei dischi zip. Quando si hanno due dischi fissi speculari, al momento di rottura del disco principale – un momento che non pensiamo mai che possa venire, ma che invece arriva immancabilmente – di solito si riesce a recuperare tutti i dati (tranne quelli delle ultime ore o minuti, naturalmente) in modo molto veloce.

Sia i programmi di scrittura, sia le memorie di traduzione, sia i dizionari e le altre opere di consultazione su CD-ROM richiedono un impiego di memoria RAM non esagerato, perciò generalmente sono sufficienti i Megabyte di RAM che vengono considerati la dotazione minima (non faccio cifre perché tale dato si evolve col tempo) o, tutt’al più, basta raddoppiare questa cifra.

Se si ha un solo lettore di CD è possibile consultare un solo dizionario alla volta. Esistono però i dizionari che s’installano sul disco fisso in modo permanente: in questo caso si possono consultare in parallelo rispetto a quelli su CD-ROM. Si può quindi immaginare che il traduttore simultaneamente abbia aperti: il programma di elaborazione testi (per esempio Word), il programma di navigazione (per esempio Explorer) per collegarsi al dizionario Logos o alla Wordtheque, il programma di posta (per esempio Outlook), un CD-ROM, un dizionario su disco fisso. Se si ha anche il masterizzatore, lo si può anche usare come lettore per un secondo CD-ROM.

La scatola (cabinet o case) può essere scelta verticale o orizzontale, a seconda dello spazio a disposizione. Quelle verticali sono molto comode perché si possono collocare nella scrivania o in terra e non danno fastidio. Però in questo caso lo schermo viene appoggiato direttamente sulla scrivania, e questo può essere controindicato dal punto di vista ergonomico.

Per evitare problemi di questo genere, è importante che il piano della tastiera, quello della scrivania e quello dello schermo siano a tre livelli diversi. La tastiera dieci-quindici centimetri sotto il piano della scrivania, e lo schermo con il centro alla stessa altezza degli occhi del traduttore (quindi solitamente quindici centimetri sopra il livello della scrivania, ma questo ovviamente dipende molto dalle dimensioni dello schermo, dalle dimensioni del suo piedistallo ecc).

Inoltre lo schermo deve essere distante dagli occhi: anche qui dipende dalle dimensioni ma, tanto per dare un’idea approssimativa, uno schermo da 16 pollici è bene che sia a 75-90 centimetri dagli occhi. Questa considerazione a sua volta fa sì che la scelta dello schermo dipenda dallo spazio a disposizione: se la scrivania è molto profonda, si può optare per uno schermo tradizionale; altrimenti, per mantenere la distanza minima, può essere necessario pensare a uno schermo piatto. Alcuni si possono anche appendere alla parete.

Riferimenti Bibliografici

FREUD SIGMUND, L’interpretazione dei sogni, in Opere, vol. 3, Torino, Boringhieri, a cura di C. L. Musatti, 1966.

FREUD SIGMUND, The Interpretation Of Dreams, translated by A. A. Brill, London, G. Allen & company, 1913.

OSIMO BRUNO, Manuale del traduttore, Milano, Hoepli, 2004, ISBN 8820332698.


1Freud 1900: 53.