c) Il paradosso dei due emisferi
Uno dei neuropsicologi più brillanti del nostro tempo, Oliver Sachs,
ha dedicato un testo straordinario, Vedere Voci, al linguaggio dei sordi.
Nei sordi si verifica il paradosso per cui ogni interpretazione metalinguistica
viene ridotta, per motivi fisiologici, alla sua pura modalità conativa e
desiderativa: il gesto. L'umanista Cesare Ripa, nel Cinquecento,
pubblicò un'Iconologia nella quale faceva corrispondere agli
archetipi figurativi dell'arte plastica traduzioni nel linguaggio
letterario che raccontavano le emozioni dei personaggi rappresentati. Allo
stesso modo, il Giovio pubblicò, nello stesso periodo, un Trattato
delle Imprese Amorose e Guerresche in cui si descrive il carattere
psicologico di quelle figure mitologiche con cui i Grandi del tempo adornavano
il proprio sigillo. La conoscenza di questi due trattati aprirà ad un
traduttore letterario nuove vie di comprensione al testo: una parola che, non ci
si stancherà mai di ripeterlo, implica in sé l'idea
dell'interrelazione di termini, all'interno di uno spazio chiuso (il
teatro, dunque, come ecosistema). Per tornare a Sachs, la sua intuizione
fondamentale, studiando i sordi, fu che il linguaggio si comunica per Segni, e
che questi segni, una volta attivati nella coscienza, diventano automaticamente
Simboli, vale a dire espressioni linguistiche convenzionalmente decodificate da
una grammatica predeterminata. Si incorre subito in un paradosso: come
può un linguaggio pulsionale come quello dei gesti venire a priori
interpretato secondo un tradizione generata dalle esperienze storiche e
culturali. Come può l'oggettività universale della pulsione
farsi soggettività espressiva?
Qualcuno di voi si sarà chiesto perché mai i traduttori siano
così affascinati dalla musica. Il primo motivo è il fatto che, in
Musica, tutto è Simbolo ("Tutto il Fuggente non è che
Simbolo" direbbe Goethe: e che cosa c'è di più fuggente
dei suoni?). Il secondo motivo apparirà chiaro a chi osservi un direttore
d'orchestra. Tramite il suo gesto, il simbolo segnato in modo ambiguo e
confuso sulla partitura diventa suono. Come? Attraverso il respiro. Dirigere
è sedurre cento strumentisti a respirare in sintonia col direttore. Allo
stesso modo, un traduttore letterario deve respirare in sintonia con
l'autore che ha prescelto. Ne consegue uno dei pochi dogmi che qui
enunceremo: è impossibile tradurre un testo con cui non ci si senta in
sintonia.
Il cervello umano è diviso in due emisferi: quello sinistro presiede
alle funzioni logiche ed analitiche, quello destro alle funzioni cosiddette
creative - un modo elegante per confessare come, di questo emisfero, non
sappiamo quasi niente. Negli anni Cinquanta la psichiatria aveva elaborato un
mezzo infallibile per curare le malattie mentali: togliere pezzi di cervello.
Così, nei casi di epilessia, si resettava il corpo calloso, che mette in
comunicazione i due emisferi. Ci si accorse che, in assenza di deficit
cognitivi, la vittima terapeutica sviluppava, però, una strana sindrome:
si dissociava in due persone, una fin troppo rigorosa, l'altra anarcoide
ed infantile. La prima, a domanda, rispondeva solo con la distinzione tra
'vero' e 'falso', variabili di 'corretto' e
'confuso'; la seconda era capace di definire una domanda
'amara' o 'violacea', e poco più. Si era
così scoperto che la distinzione tra denotazione e connotazione passa
attraverso il corpo calloso. Nell'emisfero sinistro sta il Segno, in
quello Destro il Simbolo. Faust aveva la febbre al corpo calloso. Se preleviamo
un Cinese dalle risaie e, ficcandolo dentro uno di quei tubi per fare la TAC, lo
costringiamo a raccontarci la sua vita, vedremo che è l'emisfero
destro, quello immaginativo, a macularsi dei colori più sgargianti. In un
Tedesco, sarebbe quello sinistro. La birra di sorgo accende lucine a sinistra;
quella di luppolo a destra.
Il traduttore letterario deve essere un po' cinese. Se non compie il
percorso inverso - e quindi analitico, cosciente - a quello
istintivo che conduce lo scrittore dal Segno al Simbolo, le sue
possibilità di riuscita sono nulle. L'espressione tedesca
"dipingere il diavolo sulla parete" significa "attirare le
disgrazie"; la cosa pare incomprensibile se non ci raffigura Lutero nel
mentre, intento a tradurre la Bibbia, nel castello di Warburg, getta il calamaio
contro Satana che si è profilato sul muro (c'è ancora la
macchia). Così, non si capisce perché, in Inglese,
l'espressione "non sono affari miei" si debba rendere con
"it's not my cup of tea", se non si tiene presente la
maniera differente, nelle due culture, di 'far salotto'. In caso
contrario, si corre il rischio di cadere nell'equivoco di quel traduttore
americano che rese l'inizio degli Indifferenti di Moravia, un
limpido "Carla entrò", con "He entered Carla".