a) Una rete di corrispondenze
Borges ha scritto un racconto che è una specie di apologo
sul tema dell'impossibilità, per un traduttore, di ricreare quell'aura
intorno al testo da cui dipende la sua fascinazione: un clima espressivo conseguente
alle esperienze private, le letture, le scelte linguistiche, di un autore; tutta
quella congerie di derivate imperscrutabili, insomma, che vengono riassunte nella
categoria fuorviante della "poetica". Perché, fuorviante?
Il fatto è che, la poetica di un autore: o viene riassunta ed espressa compiutamente
nell'opera d'arte, e dunque è indefinibile, o rappresenta quel coacervo di intuizioni
e privati linguaggi da cui lo scrittore, scrivendo, cerca di liberarsi; e dunque è
inutile.
In Pierre Menard, autore del Don Chisciotte, Borges mette in scena uno
scrittore moderno così innamorato dell'hidalgo da volerne riscrivere riga
per riga la vicenda. Ma, attenzione: non intende copiare il Don Chisciotte,
bensì giungere ad una tale simbiosi psicologica con Cervantes da poter riedificare
l'edificio di Don Chisciotte, dopo averlo 'rivissuto' riga per riga dentro
di sé. Ed ecco che il nostro scrittore va a studiare a Salamanca, approfondisce
l'Aristotele mediato dagli Arabi, si impratichisce nella "teoria degli umori"
comune alla fisiologia controriformistica. Mangia e dorme come Cervantes; si sottopone
ad una battaglia navale, subisce la mutilazione di un braccio. Infine, viene incarcerato
per debiti. Uscito di galera, scrive il Don Chisciotte. Borges pone a confronto
la prima pagina di Menard e quella di Cervantes. Sono identiche. Sornione, Borges si
mette a distinguere, parodiando il linguaggio saputello dei critici testuali, i due
incipit, sottolineandone volta per volta le palesi - a suo dire - differenze.
Il racconto vale un intero discorso sulla traduzione letteraria. In effetti, è un
metadiscorso narrativo sulle aporie psicologiche e storiche presenti in ogni passaggio
di stato da un testo di partenza ad uno di arrivo. Che cosa manca, al Chisciotte
di Menard? La ricezione del testo, la sua rielaborazione nell'inconscio collettivo,
la capacità che ha sviluppato negli anni di costituirsi come archetipo del Wanderer
romantico, del mugiko di Gogol, del country-man negriero di Steinbeck, ecc. ecc.