9. |
DAL TESTO ALL'IMMAGINE PRIMARIA: PSICOLOGIA DELLA CREAZIONE ARTISTICA. ALCUNE NOTE SUL PROCESSO INCONSCIO CHE PORTA L'ARTEFICE DALLA VISIONE ALLA SUA RESA LINGUISTICA |
|
|
c) Il numen della parola
A contatto con questi mondi ricorsivi, il traduttore è
obbligato a recuperare il valore 'numinoso' della parola, la sua capacità
di veicolare luminescenze ("Fosfèni", li chiamerebbe Andrea Zanzotto) di
sapienze perdute, archetipi che si fanno, nella coscienza di chi crede di
osservare il reale, scenari di dramma.
Come a chiudere a chiasmo il nostro discorso, ecco l'incipit del
Billy Budd di Melville: "Il 1797, anno in cui si svolge questa storia,
fa parte di un'epoca nel corso della quale, a giudizio assodato dagli studiosi,
la Cristianità entrò in crisi". Nella sua "parabola sulla morte dell'innocenza",
imperniata sull'ostilità del mondo infero verso la bellezza di Billy Budd,
arcangelo caduto, Melville pone il punto di vista della vicenda in un momento
catastrofico per l'intero Occidente: la Rivoluzione Francese, che rappresentò,
per l'Etica, ciò che la rivoluzione copernicana fu per la Metafisica. Dopo di
allora, l'uomo ebbe, come corollario del Tempo, semplicemente la "soledad"; da
cui la meticolosa e tecnologica precisione con cui la sua coscienza si dispose,
da allora, ad operare il male.
Per un traduttore, trascurare gli aspetti 'filosofici', e prima ancora
drammaturgici, di simili prese di posizione, da parte dello scrittore-artefice,
nei confronti dei propri mondi immaginari, comporta conseguenze insanabili. La
mancata consapevolezza di come una storia non racconti alcunché, ma piuttosto
alluda a significati metafisici che nella vicenda vengono rappresentati,
piuttosto che detti, impedirà al linguaggio del traduttore di uscire dalla
categoria del probabile.
Il realismo è il peccato originale di ogni traduzione che non passi attraverso
questa dinamica degli specchi: la sottile antiteologia che scaturisce da ogni
definizione del 'moderno' letterario, quasi l'ombra di un sosia che un raggio
di luna proietti incidentalmente sulla parete.
Un utile grimaldello è costituito dalle categoria ermeneutiche di Heidegger:
la sua distinzione tra Tatsächlichkeit e Faktizität diventa, per
un traduttore 'moderno, un imperativo intimidente. I due mondi, quello
della 'sostanze che sussitono' e quello degli 'eventi che succedono',
hanno il problema di venire veicolati dallo stesso strumento: il linguaggio.
Invece, è nel confine tra di essi - la coscienza in quanto specchio - che le
cose, 'effettivamente, avvengono'. La ricerca di questo confine e la sua
espressione nei limiti di un linguaggio culturalmente determinato è la sfida
che la retorica dei punti di vista impone ad ogni traduttore che voglia essere
anche 'poeta': vale a dire, creatore di mondi.
|
|
|
|
|