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La traduzione come 'clonazione': Vittorini, Montale, Quasimodo, Calvino e Ceronetti. La traduzione come 'clonazione': Vittorini, Montale, Quasimodo, Calvino e Ceronetti |
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c) Il talismano della catarsi
Per un traduttore, i modelli fin qui presentati hanno un valore
catartico e liberatorio: al cospetto dell'evidenza estetica in cui vengono riassunte
dimensioni filosofiche e testuali passibili ognuna di un complesso discorso filologico,
chi traduce può comprendere come la coerenza interna, la forza della proposizione
poetica, nasca dal coraggio di trapiantare i segni del testo dentro il 'luogo protetto'
del Contemporaneo, dove quegli enigmi tuttora irrisolti che li fanno assurgere al
rango di 'classici' esplodono intatti, nella rete inestricabile dei loro controtesti;
e allora, interpretare significa rinunciare a capire. Piuttosto che capire, significa
agire: il farsi di un testo nella coscienza del traduttore passa per la stessa rete di
allusioni che pervadono il suo lettore di madre lingua. Trapiantare le zone d'ombra in
un'altra costellazione di segni, senza che la loro virtù gravitazionale cessi di
agglutinarle intorno alla monade-uomo, è il compito, coraggioso fino alla sicumera, del
traduttore.
Lungo tutto questo corso, abbiamo insistito sull'immagine del traduttore in
quanto primo e più profondo lettore di un testo. Ora, vogliamo terminare il nostro
viaggio segnalando una figura singolare di testimone del tempo: Guido Ceronetti. In
lui, l'estetica del frammento è divenuta strategia ermeneutica. Ceronetti traduce da
sette lingue, in ognuna di esse cercando il momento in cui una determinata visione del
mondo diventa illuminazione poetica. L'istante in cui il poeta viene visitato, e
visiterà, di conseguenza, eternamente i lettori.
Così, quando si accinge a rendere in Italiano il Cantico dei Cantici, Ceronetti
ne fa un esempio di simbiosi arcaica tra mente e natura. Nel collasso del linguaggio, i
due amanti dei quali il Cantico rappresenta l'imeneo, comunicano attraverso le
cose, le sensazioni che i doni nuziali, i paesaggi, le parti del corpo amato, fanno
passare attraverso di loro. E tuttavia, a forza di eludere la dimensione 'tempo',
Ceronetti riesce a far parere questo amore una seduta di anatomia: a tal punto la
fisiologia costruisce, nell'inconscio, un totem dell'oggetto amato.
Quella variabile 'tempo' che Ceronetti ha escluso dalla sua visione del
Cantico, domina in Come un talismano: una raccolta di 'traduzioni'
di Ceronetti i cui testi parlano dell'impossibilità di governare il trascorrere.
Il traduttore, qui, appare come un naufrago il cui contatto con la civiltà - con
la storia - continui solo attraverso i fogli sparsi di una biblioteca scomparsa
sott'acqua che il riflusso delle maree, volta per volta, gli fanno giungere tra le
mani. Alla capricciosità del caso, il naufrago-traduttore oppone una misura platonica:
si può imparare ciò che già si conosce. Ogni traduzione è espressione del mondo interiore
che il traduttore abita, e da cui è, al contempo, abitato.
Come un talismano chiosa nel modo più efficace l'intero nostro discorso: si
tratta, infatti, di un manuale su quei campi di forze che, proiettando la loro luce
direzionale sulla coscienza dell'interprete, ne orientano indefettibilmente le scelte,
prima che linguistiche, percettive. Come poi queste scelte percettive divengano,
attraverso il linguaggio, visioni del mondo: questo è il mistero che rende la
Letteratura la più grande sfida all'ignoto tentata, attraverso i secoli e le lingue,
dall'uomo.
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