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ENGLISH TRANSLATION   


TERZA PARTE

Le lingue letterarie tra ragione e sentimento

 

1. TEMPO E SPAZIO COME CAMPO DI FORZE: LA LETTERATURA COME IMPIANTO SCENICO

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a) Il teatro delle potenzialità

Nelle varie tappe di questo discorso sulla traduzione letteraria, ci siamo preoccupati di far intendere come nessuna traduzione pregnante, in senso estetico (e quindi, etico) possa prescindere dalla drammaturgia sottesa al testo di partenza. La sottile strategia con cui la mente 'traduce' un'immagine interiore in un'azione verbale, e questa in un codice che gli è dato apriori, in senso storico e culturale, fa del 'testo' il momento di partenza per la ricognizione, da parte del lettore, in senso opposto, di quante potenzialità immaginative un simile passaggio di stato rende inoperose. Esiste, insomma, un'entropia della comunicazione, non meno devastante di quella che, entro un numero imprecisabile di anni, renderà l'universo una massa fredda. Ogni traduzione è, prima di tutto, dunque, una lettura dell'immagine primaria: la scena che lo scrittore aveva dentro di sé (oppure, era da essa avuto?) al momento di costruire le sottili sinergie espressive del testo. Ancora una volta, per definire questo fenomeno ricorriamo ai servigi di due discipline non letterarie: la musica e l'arte dell'attore.
In musica, si definisce 'orecchio interiore' la capacità dell'artista di percepire i suoni dentro di sé, alla semplice decodificazione del segno scritto, senza nessuna percezione esterna. Allo stesso modo, il traduttore deve essere dotato di un 'occhio interiore' che gli permetta di ricostruire dentro di sé, con un processo immaginativo, l'immagine primaria che ha dato origine alla costruzione del testo. Il passaggio dall'immagina al testo è un atto ossessivo: come direbbe Freud, è una "coazione a ripetere" una scena primaria le cui implicazioni creano un'aura di emozioni non immediatamente definibili.
L'arte attoriale ci viene incontro attraverso gli insegnamenti di Stanislavski, secondo il quale ogni interprete deve compiere una ricognizione nel proprio immaginario, per riscontrarvi emozioni ed archetipi dentro i quali inscrivere il mondo interiore dell'autore. Il rapporto autore/attore sarebbe, dunque, mimetico, ed allo stesso tempo, quanto alla resa, mimico. Non si potrebbe definire meglio l'atto traduttivo. Infine, la pittura ci permette un'ulteriore approfondimento. Tutti avranno visto certi quadri trattati 'a luce radente': una tecnica che permette di scorgere, sotto al 'testo compiuto' del dipinto, gli abbozzi, le linee interrotte, i 'punti di vista' successivamente negati dalla composizione definitiva. Allo stesso modo, un traduttore deve conoscere il processo creativo in fieri, tappa per tappa, con particolare attenzione agli appunti, gli abbozzi, le varianti, le versioni scartate lungo il cui cammino il testo si è andato via via precisando. In questo senso, l'aspetto più affascinante della traduzione letteraria è la sua possibilità di entrare nell'immaginario di un genio; giungere, con la sistematica dedizione di sé, ad osservare il mondo coi suoi occhi.
Un discorso di questo tipo presenta un corollario paradossale: il nostro corso viene divulgato grazie alla rivoluzione telematica; tuttavia, l'esistenza dei programmi di scrittura non consente più la sopravvivenza delle fasi 'mediane' attraverso cui il testo letterario acquista la propria forma e consistenza. In altre parola, rende invisibili le varianti, i controtesti e le potenzialità irrisolte (la 'visione a luce radente') di ogni testo. La circostanza non è da poco, ed obbliga il traduttore letterario del futuro a costruire una psicobiografia immaginaria del suo autore, se vuole accedere ad un mondo interiore ormai sempre meno storicizzabile.


 



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