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LE TEORIE DELLA SEMIOTICA: TRA LANGUE E PAROLE, TRA SIGNIFICANTE E SIGNIFICATO |
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a) La strategia del testo
La tensione dialettica tra langue e parole è l'anima di ogni scrittura creativa. Se la langue è il
codice genetico di un linguaggio, la parole è l'apporto dell'ambiente che, con la sua trasgressione rispetto alla
trasmissione dei caratteri, innerva di sé il monolite-lingua. La parole, insomma, è l'idioletto in cui si esprimono i
contenuti non referenziali. Il suo limite sta in quel sottile discrimine tra pensiero e sentimento, tra
denotazione ed emozione, su cui ogni scrittore si muove come l'acrobata sul filo sospeso. In questo senso, ogni
funzione espressiva, nella scrittura letteraria, si situa tra langue e parole a seconda del "campo intenzionale"
che viene a definire.
Funzione referenziale. Delimita lo spazio/tempo dentro cui si svolge l'azione. La sua permeabilità alla parole è
quasi nulla. Proprio in questa oggettività straniante, del resto, si annida l'effetto perturbante che le è proprio.
L'attacco del Processo di Kafka ("K.doveva aver fatto qualcosa di male") in questo senso, col suo esprimere la
certezza in merito alla colpevolezza del protagonista, risuona come un rintocco funebre proprio in quanto la
situazione di K. viene riferita in maniera impassibile.
Funzione intenzionale. Le prime righe de L'uomo senza qualità di Musil valgono a delineare una bella mattina di
sole su Vienna; solo che, per indicare un dato di fatto così ovvio, Musil si produce in una virtuosistica descrizione
del gioco di isobare ed isoterme sui meridiani e paralleli dell'intero globo. L'intenzione, appunto, è quella di
sottolineare fin dapprincipio la finitudine della condizione umana nel cosmo. In questo senso, la funzione
intenzionale è una radicalizzazione fino al grottesco del valore referenziale sotteso alla langue.
Funzione desiderativa. "Una rosa è una rosa è una rosa" diceva Gertrude Stein in piena epoca di sperimentalismi.
La funzione desiderativa sposta l'attenzione sull'oggetto della langue fino a farne un codice simbolico personale,
insito nell'inconscio del protagonista. Un romanzo di Simenon ha per titolo L'uomo che guardava passare i treni: è
chiaro l'intento dello scrittore di fare di un dato referenziale un elemento simbolico in cui si riassume l'intero
carattere del protagonista. La funzione desiderativa permette allo scrittore di sgretolare la langue attraverso un
gioco di equivoci che ne minano il valore referenziale. Il tacito consenso si carica di sottintesi e controtesti che
possono andare dalla pronuncia caricata di certe parole all'uso distorto di termini del linguaggio comune. Il
personaggio del farmacista Homais, nella Madame Bovary, si esprime usando il linguaggio pieno di solecismi medici e
termini enfatici proprio alla langue scientifica del suo tempo. Nel finale del romanzo, Flaubert descrive la morte
per avvelenamento di Emma immedesimandosi nel punto di vista astratto e 'scientifico' di Homais; l'effetto è
straziante, per la frizione che si viene a creare tra la modalità nuda dell'osservazione e la desolazione umana in
cui il dramma di Emma si compie. Un altro esempio di come il contrasto tra langue e parole possa connotare una
funzione desiderativa è il finale dei Buddenbrook di Thomas Mann: la morte di Hanno per tifo viene descritta da Mann
quasi trascrivendo la voce di un'enciclopedia medica.
Funzione ottativa. Nel suo Lessico Famigliare, Natalia Ginzburg fa ruotare la vicenda intorno ad un'invenzione del
mondo che coincide con l'invenzione di un idioletto. La famiglia-microcosmo è il luogo della condivisione linguistica.
Il senso di appartenenza ad una langue diventa, qui, anche definizione di una progressiva alienazione dalla realtà. Un
altro esempio di questo effetto paradossale creato dalla progressiva fagocitazione del sistema-langue ad opera della
parole si trova all'inizio del Dedalus di Joyce. L'immedesimazione tra il punto di vista del bambino piccolo, il suo
vedere il mondo attraverso le onomatopee, uniche unità significanti del suo codice referenziale, raggiunge l'effetto
di anticipare quella reclusione nel linguaggio - nei tanti linguaggi della cultura - che costituirà la consolazione, ed
insieme, la tragedia, dell'intera esistenza di Stephen Dedalus.
La pratica traduttiva consiste nel mantenere distinti questi 'marcatori' di senso all'interno della strategia
testuale.
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