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LA MESSA IN SCENA DEL PERSONAGGIO NELLE VARIE LETTERATURE |
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a) La teoria delle quattro visioni
Il teatro della vita è anche il teatro della letteratura. La molteplicità dei punti di vista,
segreto della felicità in vita, è anche la strategia più ripagante, sul piano letterario. A seconda della distanza
tra il soggetto della narrazione ed il soggetto narrante, si possono distinguere quattro diversi punti di vista:
Visione allotropa. E' quella che Dostoevski adopera nei Demoni, dove una serie di vicende
'polifoniche' si agglomera intorno ad una mancanza di senso etico: la smania di cambiare il mondo. Quando
si vuole suggerire il venir meno di ogni visione sintetica, la soluzione migliore è ricorrere ad un io narrante
periferico, disinformato, e la cui visione veicoli un senso costante di sorpresa. L'alternativa è l'orrore
soprannaturale: un gioco rischioso, riuscito solo al Poe di La rovina di casa Usher. Un caso paradossale
di visione allotropa è costituito dal romanzo Carlotta a Weimar di Thomas Mann, dove la protagonista -
un tempo amata da Goethe, e modello della Lotte che, nel Werther, provoca involontariamente il suicidio
del protagonista - pur essendo, per il vecchio poeta, un'eterna memoria di giovinezza, rimane inconsapevole del
proprio stesso vissuto simbolico. In Mann, la visione allotropa si colora di un'accezione platonica.
Nel Simposio, infatti, Platone mette in scena un Alcibiade eterno efebo, di cui Socrate è innamorato.
Il desiderio che Alcibiade suscita nel filosofo è causa di discorsi sublimi, ma, di essi, Alcibiade rimane del
tutto inconsapevole. Un caso limite di questa particolare accezione della visione allotropa lo troviamo in un
romanzo di Queneau, Il diario di Sally Mara, la cui protagonista è un'adolescente preda di viziosi tutori,
che le fanno apparire ogni gioco erotico come lezione di linguistica. L'ingenuità di Sally crea un effetto comico
generato dal fraintendimento continuo in cui il protagonista - allotropo per eccellenza, in quanto cieco alle
rilevanze pratiche delle azioni - giace. Per il traduttore, la visione allotropa, sia nella sua variante ortodossa,
che in quella eterodossa, resta la sfida più grande: ogni adesione 'patetica' al contenuto emotivo del dramma,
infatti, risulterebbe, qui, deviante. In un certo senso, di fronte a questa 'visione di scorcio', ogni traduttore
rischia di comportarsi come Sally.
Visione diaristica. Si ha ogni volta che lo scrittore sceglie di raccontare la vicenda quando tutto
si è già concluso. Il punto di vista, quindi, sarà la coscienza del protagonista. Tutto ciò che esula da essa -
sia per motivi culturali, che etici - non sarà oggetto del 'dramma'. La visione diaristica ha un padre: Montaigne,
che, nei suoi Essais, proclama come oggetto della sua narrazione sarà "lui stesso", attuando, con ciò, una
rivoluzione nel punto di vista narrativo delle cui conseguenza ancora viviamo. Nell'antichità, invece, il punto
di vista dell'Io aveva una valenza simbolica irrefrenabile. Il romanzo di Apuleio Le metamorfosi ha la
parvenza di una narrazione diaristica, ma è, in realtà, il resoconto di una vicenda iniziatica. Lucio viene
trasformato in asino per le segrete mire di Iside, al cui culto verrà, infine, ammesso. Tuttavia, una luminosa
eresia a questo modello, nella letteratura antica, è costituita dalle Confessioni di Sant'Agostino, in cui
visione diaristica e connotati simbolici si confondono in una definizione psicoanalitica già novecentesca. Per un
traduttore, il problema è quello di non sovrapporre, in questo caso, il proprio punto di vista a quello del
protagonista: una tentazione che, data la strategia letteraria, risulterebbe del tutto istintivo.
Visione documentaria. Ogni narrazione che proceda attraverso una ridda di punti di vista all'interno dei
quali manchi una centralità, e la vicenda sia la requisitoria di un'immaginaria Pubblica Accusa che abbia le
sembianze del pubblico, reca in sé le stimmate della cultura borghese. Il romanzo dell'Ottocento - il romanzo di
ambiente - è sempre un romanzo documentario. Uno dei primi esempi ne è il Wilhelm Meister di Goethe, dove
gli incontri, i dialoghi, le esperienze di un uomo comune che ha la ventura di vivere in un'epoca non comune
diventano uno spazio aperto ai commenti e le considerazioni del lettore, che si fa, in questo modo, vero protagonista
della narrazione. Il vantaggio, in termini drammaturgici, sta nel senso di sorpresa che la vicenda trasmette, a causa
della sproporzione tra l'ingenuità del protagonista e la complessità delle situazioni che si trova volta per volta a
fronteggiare. L'apoteosi della visione documentaria è costituita dall'Ulisse di Joyce, da sempre
superficialmente liquidato come espressione modernista del "flusso di coscienza" - la tecnica narrativa inventata da
Dejardin - mentre Leopold Bloom è, piuttosto, la materia linguistica di cui si sostanziano le ambienze via via
perlustrate dalla sua passeggiata per Dublino. In pratica, l'Ulisse, del flusso di coscienza, è la parodia.
Bloom è lo specchio oltre cui un'Alice degli esuli si avventura per scoprire se le parole 'significano' o meno
stati d'animo. Per un traduttore, la visione documentaria è un invito alla schizofrenia: una catarsi liberatoria,
ma anche di grande responsabilità.
Visione teologica. In essa, lo scrittore sa tutto, e prepara la scena della sua vicenda con l'onnipotenza
di un dio. Nella visione teologica si verifica un curioso paradosso estetico: più la narrazione appare improntata
ad un criterio di obbiettività referenziale, più ogni particolare della stessa assume connotazioni simboliche. Un
caso limite è costituito da L'educazione sentimentale di Flaubert, che parebbe, esteriormente, un
Bildungsroman - un romanzo di formazione - in piena regola, e la cui natura, invece, col procedere della
vicenda, appare quella di un simbolico j'accuse contro la cultura borghese del materialismo etico, col suo
ridurre gli entusiasmi dell'adolescenza a vettori del progresso sociale. Per un traduttore, la difficoltà, qui,
sta nel rendere l'ironia sottesa ad ogni sfumatura 'materiale' dell'ambienza; vale a dire, la convergenza,
all'interno di questa particola prospettiva, della visione etica con quella estetica.
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