c) Origini della sinestesia
I Greci chiamavano il mare "color del vino"; uno scrittore contemporaneo, Sergio Astrologo,
ha pubblicato un romanzo che si intitola Con occhi color del tempo. Siamo di fronte a due usi opposti
della sinestesia. Nel primo caso, prevale un sistema retorico che potremmo definire "litote rituale". In un
rito, il tempo non conta; conta l'esito, il risultato di una procedura propiziatoria. Il mare è stato benigno.
I marinai sono tornati a casa sani e salvi. Si festeggia l'evento bevendo vino. Il mare è, quindi, "color
del vino". Il fattore tempo viene cancellato dallo scioglimento del voto: l'accoglimento, da parte degli
dei, dell'augurio. Il "color del tempo" cui allude Astrologo, all'opposto, è quello degli occhi del
protagonista. È il colore della sua attesa di felicità, della sua speranza eternamente posticipata. Astrologo
vuole dire che il colore dell'eternità è lo stesso del nulla. È il bianco dell'iride. Qui, abbiamo un
sistema retorico che potremmo chiamare della "analogia sistematica", ed il cui carattere è del tutto
opposto. Il tempo è infinito. L'esito non esiste. La dimensione collettiva del culto è smarrito. Al suo
posto, si accampa l'alienazione del singolo.
Un'altra differenziazione riguarda l'aspetto fisico dei personaggi. Quando Dickens, all'inizio del Circolo
Pickwick, delinea l'aspetto del protagonista eponimo, nelle sue forme compiaciutamente obese, come per
troppa credulità, anticipa, quasi in un'icona narrativa, tutte le peripezie che il romanzo gli farà
affrontare. Si tratta di un modo di connotare sinesteticamente caro al pragmatismo inglese: le vicende sono
effetto della 'natura' del protagonista. Il destino, per gli Inglesi, è il rizoma somatico. Nell'Eletto
di Thomas Mann, all'opposto, Gregorio VII, il protagonista, ad un certo punto, per espiare un inconsapevole
incesto, si ritira su di uno scoglio, mortificandosi col digiuno. Quando, molti anni dopo, seguendo un angelo,
i cardinali assisi in concistoro lo vanno a cercare, per nominarlo papa, trovano un esserino primordiale,
così minuto e cartilagineo che per poco non lo calpestano. Ecco l'effetto del Not, il destino
scaldico: ognuno viene modellato dagli eventi come la creta bagnata da uno sciamano, che ne trae gli
auspici. Il destino, per i Tedeschi, è la corrente del tempo.
Alla base, ci sono due "litoti rituali" opposte. Nella cultura greca presocratica, l'archetipo del fiume
è legato all'irripetibilità dell'istante: "Non ci si può bagnare due volte nello stesso fiume" dice
Eraclito. La strutturazione per polis, le città-stato, della nazione greca faceva dei corsi
d'acqua limiti invalicabili, al cui interno si svolgeva l'intera vita culturale dell'individuo. Il
verbo greco 'reo', 'scorro', è trapassato nella radice tedesca 'rein', che indica la purezza.
Nel mondo latino, i confini della domus erano presidiati dalle statuette degli antenati, i
'liminari', i quali venivano ritratti in un diverso atteggiamento ('facies') a seconda della
disposizione d'animo con cui ci si poneva nei confronti del mondo esterno. Nella 'facies', l'aspetto
esteriore di un ospite, si riconosceva, di conseguenza, anche la sua disposizione nei confronti di chi
andasse a incontrare. L'opposizione tra Dickens e Thomas Mann passa attraverso questa opposizione di segno.