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6. Tra tradizione e crisi: la trasgressione degli artefici. Neologismi, arcaismi, forme gergali e caratterizzazione degli 'idioletti'. Definizione teorica per livelli delle incompatibilità tra le lingue letterarie, e sua risoluzione nella prassi.

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a) La fine dell'umanesimo

In Berlin AlexanderPlatz, Döblin struttura la vicenda per livelli linguistici. L'idioletto 'operaio' crea effetti di straniamento rispetto alla lingua da referto di polizia in cui il romanzo è redatto. L'effetto è quello di rendere il gergo della polizia un gergo da vivisezione. Il primo artificio usato dallo scrittore è il suo negare la punteggiatura. Negarla, significa negare la deduzione. Nel linguaggio materico dei diseredati, l'orizzonte mentale coincide con quello delle cose. All'opposto, la 'sinfonia di subordinate' in cui, nel gergo poliziesco, naufraga ogni 'sentimento dell'Io' - se vogliamo così definire l'idea di una centralità dell'uomo all'interno del discorso - ottiene uno straniamento opposto: si fa dell'inquadramento dell'individuo in parametri lo scopo finale della sua avventura sulla terra. La poetica della 'nuova oggettività' a cui Döblin apparteneva nasce da una riflessione critica sugli influssi dei ritmi industriali nella vita comune. Lo scrittore ritiene che il linguaggio sia l'unica maniera di comunicare l'inconscio collettivo; di conseguenza, attua una coincidenza tra fonema e semantema che fa del suo romanzo un poema 'epico'.
La crisi della letteratura novecentesca nasce dalla confusione, al suo interno, tra epica e dramma. Nell'epica vige il principio della 'mimesi': il linguaggio aderisce ai sentimenti, senza pretendere di esprimerli; nel dramma il linguaggio diventa virtù etica. L'epica è una cosmologia, il dramma è un tribunale morale. Questo comporta che, nell'epica, il traduttore si astenga da qualsiasi funzione 'normalizzante'. Il problema è che l'atteggiamento epico non è sempre esplicito. È da questa dissociazione tra 'abito' linguistico e visione del mondo che nascono gli idioletti: i linguaggi 'devianti' attraverso i quali lo scrittore fa parodia della mimesi: i modelli culturali al cui interno è cresciuto.
In questo senso, uno dei luoghi di nascita del moderno è l'episodio dell'isola di Laputa, nei Viaggi di Gulliver. Laputa è un'accademia delle scienze i cui protagonisti, invece di fare le cose, si accontentano di nominarle. Il gergo latineggiante dei suoi membri rischia, in traduzione, di apparire normale. Per una lingua come l'Inglese, per la quale il Latino è il gergo dei dominatori, una costruzione sintattica centripeta sviluppa, in sé, un carattere comico. In traduzione italiana o tedesca, sarà necessario ricorrere ad una riscrittura secondo le convenzioni del gergo giuridico, se si vuole mantenere questo gelo burocratico da cui l'originale è pervaso. In Francese, il concettismo seicentesco assolverà alla stessa funzione. Il traduttore troverà una valida guida negli scritti teorici di Boileau sul 'Bello ideale'. In Spagnolo, viene immediato al riferimento alla 'agudeza' di Gongora o Quevedo. In ogni caso, solo la conoscenza della koiné linguistica di partenza assicurerà un'efficace comprensione e resa di tanta bizzarria espressiva.
Allo stesso modo, quei paradossali elenchi di qualità in cui si sbizzarrisce Rabelais, nel Gargantua, esigono la conoscenza del loro oggetto polemico: i trattati aristotelici, il gergo scientifico del tardo Cinquecento, con la sua ripartizione in 'sostanze' ed 'accidenti': una casistica che, se applicata, come fa Rabelais, al termine 'con', ovvero ai genitali femminili, sviluppa una carica comica immediata: ad agire, qui, è lo straniamento tra l'oggetto del discorrere ed il codice in cui viene espresso. Quella di Rabelais, in quanto scrittore, non è più una Leçon, ma una Lecon.


 



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