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Nineteen Hundred and Nineteen di William Butler Yeats

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Some moralist or mythological poet
Compares the solitary soul to a swan;
I am satisfied with that,
Satisfied if a troubled mirror show it,
Before that brief gleam of its life be gone,
An image of its state;
The wings half spread for flight,
The breast thrust out in pride
Whether to play, or to ride
Those winds that clamour of approaching night.
A man in his own secret meditation
Is lost amid the labyrinth that he has made
In art or politics;
Some Platonist affirms that in the station
Where we should cast off body and trade
The ancient habit sticks,
And that if our works could
But vanish with our breath
That were a lucky death,
For triumph can but mar our solitude.

The swan has leaped into the desolate heaven;
That image can bring wildness, bring a rage
To end all things, to end
What my laborious life imagined, even
The half-imagined, the half written page;
O but we dreamed to mend
Whatever mischief seemed
To afflict mankind, but now
That winds of winter blow
Learn that we were crack-pated when we dreamed.


Una traduzione italiana

Ci sono filosofi morali o poeti atti alla mitologia
Capaci di comparare al cigno chi se ne sta solo
                                     con l'anima sua;
la cosa mi va a genio,
ma solo per riflesso di uno specchio, vibrazione
che precede un congedo, il breve barbaglio della vita:
tale è la figura di sua condizione;
le ali semiaperte al volo,
il petto gonfio d'evidente orgoglio,
sia un gioco, sia per la voglia di far razzia
a cavallo di quei venti che la notte imminente
                                     fan nota.

Un uomo, nel segreto di sua meditazione,
è facile a smarrirsi in quel labirinto che la sua smania
di arte o politica gli ha fatto costruire;
è detto di un seguace di Platone
che a noi sia proprio,
quando dovremmo deporre la cura
di corpo e commerci
tener salda l'attitudine antica,
e se nel nostro ultimo respiro
anche le nostre opere
non potessero che svanire,
quella morte sarebbe propizia;
infatti, alla solitudine il trionfo è di amarezza.

Il cigno ha preso l'aire del cielo desolato;
Un'immagine simile può rendermi pazzo,
per la frenesia di tutto sterminare,
tutto ciò che fu meta di mia affannosa vita,
perfino ciò che mai prese forma:
la pagina che la scrittura ha riempito per metà;
Oh, eppure, redimere ogni iattura incombente
sull'afflitta umanità, ci era sogno e proposito;
ora, invece, quando soffiano i venti di bòrea
impariamo quanto fosse percossa la mente
rotta la coccia dell'ingegno
se ci permettevamo un simile sogno.



LIVELLI CULTURALI

La Prima Guerra Mondiale rappresentò il crollo dell'utopia progressista di cui si erano nutriti gli albori dell'età industriale. Per Yeats, la carneficina delle trincee divenne il segno della maledizione che il Romanticismo, col suo culto prometeico, aveva proiettato sull'età moderna, costringendo l'individuo nelle catene egotiche del proprio Io. La raccolta The tower, da cui questo testo è tratto, rappresenta il tentativo di un nuovo 'umanesimo' materico, teso a fare della Natura un unico "lago del senso" dentro cui l'individuo anneghi la propria percezione del tempo. Si tratta di un neo-paganesimo dalle risonanze alchemiche, dove il poeta è l'artigiano del senso: cumulando i codici espressivi in una continua vertigine affabulatoria entro la quale ognuno di essi smarrisce la propria specificità, Yeats tenta la via della sospensione di ogni intendimento analitico in favore del trionfo della pura sensazione. Il rovesciamento delle posizioni estetiche, con il Sublime kantiano sostituito dal grottesco delle gazzette e dei luoghi comuni, prefigura una posizione gnostica, per cui solo accostando l'orecchio alla terra è possibile cogliere il moto degli astri. Il poeta più vicino a Kant, Schiller, parla di un "padre amorevole che deve per forza abitare oltre le nuvole": contro un simile riduzionismo teleologico Yeats arma gli strali della sua parodia. Un altro bersaglio colpito attraverso il rovesciamento archetipico è Shelley: il parallelo tra l'ispirazione poetica e il volo del cigno che costui opera in Alastor si fa, in Yeats, cupio dissolvi del senso, volo nella notte, su ali colore del tempo. L'intendimento apocalittico del testo richiede un approccio, prima che lessicale, archetipico.


LIVELLI DEL SENSO

Il "mito" del cigno viene ridotto, nei primi due versi, a una banale similitudine; ne consegue come, per Yeats, il livello astrattivo del poetare sia, nell'Europa del Dopoguerra, del tutto irredento dalla cappa oscura che l'idea, sostenuta da Coleridge, di una "imagination", ha proiettato sul linguaggio. Sotto processo è la visionarietà creativa; in quanto tale, nei Romantici, essa è opposta alla "fantasia", da Coleridge ridotta ad un mero processo di dissoluzione, attraverso il potenziamento percettivo, del senso. All'opposto, Yeats vuole dare dignità teoretica proprio alla libera associazione fantastica, dileggiando la riduzione dell'uomo ad idealistico spirito. Sciogliere tutti questi nodi significa, in traduzione, accentuare quel 'nominalismo' sotteso, come controtesto, nel codice parodistico di cui il poeta qui fa uso. Il sentore di 'luogo comune' pedante e scolastico veicolato dal testo inglese richiede, in Italiano, un tono molto calcato, scenico, capace di far avvertire il rovesciamento anfibolico che il tono saccente opera, qui, del cigno in quanto archetipo: uno degli idola dell'estetica romantica. Il passaggio "I am satisfied with that" rappresenta un anticlimax, e si colloca ugualmente nel senso di un rovesciamento grottesco; pare di assistere alla tronfia valutazione professorale di un testo maturato dal disinganno verso l'antico umanesimo. L'archetipo dello specchio si pone come il contraltare più netto al cigno di Shelley: le permutazioni che passano dentro lo specchio ("troubled") richiamano la "laborious life" del poeta, al verso 82. È evidente che ci troviamo di fronte ad una struttura ricorsiva il cui punto di risoluzione sta nel nesso "our solitude/desolate heaven" e la cui 'funzione conativa' - l'elemento di raccordo - sta in "the swan has leaped": un passaggio che andrà, quindi, connotato in senso araldico, aulico (tra la terra ed il cielo, c'è pur sempre, in Yeats, il nulla). Il controtesto dello specchio è la "image" del verso 64: un punto di sospensione dinamica all'interno dell'evoluzione narrativa tale da connotare questo tema come risposta poetica alla "imagination" teorizzata da Coleridge. Ne risulta immediato e irredimibile l'ultimo archetipo significativo: quel "labyrinth" nella cui moltiplicazione speculare il tema dello specchio celebra il suo collasso: in questo modo, infatti, la "secret meditation" diventa una porta verso il mondo della solitudine, dove la "half-imagined page" trova nella sua natura di frammento ("half-written") l'unica giustificazione ermeneutica del proprio esistere.


LIVELLI LESSICALI

La caricatura del 'melting-pot' entro la cui cornice scorre il linguaggio moderno dell'informazione raggiunge, in Yeats, livelli di sarcasmo evidenti. Alla "pagina che la scrittura ha riempito per metà" si lega la condizione di "crack-pated" di quanti pensano si superare "that winds of winter" con il semplice ausilio del segno scritto. Il lessico di Yeats si proclama nemico di ogni nominalismo, attraverso l'incompatibilità tra il soggetto dell'azione ed il linguaggio attraverso cui il suo agire si sostanzia. La rima tra "pride" e "ride", in questo senso, esprime la tronfia arroganza attraverso cui ogni agire poetico, per la sua presunzione di infinito, veicola il suo senso. L'allusione alla morte come "station", al verso 72, attinge il culmine del paradosso lessicale: l'unico punto fermo di ogni significanza è il momento in cui il significare non ha più senso. Allora, il sogno è la faccia nera dello specchio, e compito del traduttore diventa quello di evitare, nella resa degli ultimi due versi, ogni tentazione lirica, per quante suggestioni protoromantiche il tema del "vento" possa recare alla sua mente. In Italiano, il ricorso al mitico Borea diventa un modo di cristallizzare il sentimento, prima che la sua piena induca nel lettore un inopportuno sentimento di empatia. Il ricorso di Yeats a cascami retorici ("afflict mankind") si colora, così, di risonanze sardoniche. Nella tradizione italiana, l'idea della poesia come consolazione delll'umanità afflitta così caro a Foscolo, può costituire un utile grimaldello per negare al testo quello slancio lirico che, in un simile contesto lessicale, apparirebbe del tutto incongruo. Il "desolate heaven" diventa, così, il luogo della "secret meditation", ed il tema della "segregazione" si colora di risonanze alchemiche: la stanza privata delle sensazioni è il luogo in cui le cose diventano, col solo contemplarle, "a lucky death": uno smorire che trae dalla desolazione lo strumento alla propria rinascita.


LIVELLI DEL SIGNIFICATO

Il nesso significante del testo sta nella connessione "satisfied/mirror/labyrinth": solo perdendo il Sé all'interno del gioco di specchi è possibile, per Yeats, attingere la rivelazione poetica. Il resto viene trascinato via dal vento boreale, metafora della tradizione intesa come trasmissione di retorica. Il paradosso di questo testo sta nel suo sottolineare come immagini forti i momenti della crisi, con un procedimento per cui il rovesciamento del significato appare l'unica via possibile alla verità. Il nesso tra "body" e "trade" è significativo: il corpo è lo strumento atto ai commerci col tempo: solo attraverso la sua redenzione dalla memoria la poesia può farsi atto salvifico. "That image can bring wildness": ogni tentativo di veicolare significato è un tradimento: la confutazione della "imagination" romantica non potrebbe essere più netta. Il compito del traduttore diventa, dunque, quello di isolare metafore liriche come fossero reperti archeologici. Yeats dimostra la sua appartenenza alla "poesia delle rovine"; dopo di lui, non ci sarà posto che per la Terra Desolata di Eliot. La lotta contro la tradizione diventa, qui, lotta contro la oralità ("but vanish with our breath"). L'obiettivo polemico finale di Yeats è Socrate: il fondatore dell'Idealismo, colui che nell'arte del dialogo ritenne di trovare la via al vero. Ogni linguaggio in quanto tradizione, intesa come coerenza di codici, è, in quanto tale, menzogna. La via che si apre al traduttore è la riesumazione di luoghi topici della tradizione poetica, incastonati dentro la forma come vetri dentro una montatura in oro: ad uno sguardo disattento, il loro luccichio potrà farli scambiare per topazi. Il linguaggio è emanazione di "quei venti che la notte imminente fan nota". Il significato ultimo del testo, l'imago che deve stare al centro dell'operare traduttivo, è dunque la caricatura di quel cigno-istrione, il cui "petto gonfio di evidente orgoglio" non cela, al suo interno, che i venti della rovina: la storia. La poesia, per Yeats, è una posa scenica, non un operare significativo. "To end all things" diventa lo scopo precipuo della poesia: nel linguaggio della traduzione, questo significa smarrire la continuità temporale. Le determinazioni di tempo, nel testo, sono sempre poste tra parentesi, e non valgono a definire, in sé, alcuna vicenda interiore. Quel "but now" con cui, al verso 86, tutto discende dalla dimensione mitica a quella della storia, ha il sapore di una rivelazione all'incontrario. In realtà, dalla solitaria meditazione artistica, la carne segreta del sogno, non ci siamo mai mossi.


 



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